sabato 12 febbraio 2022

1989 luglio 22: “Ercole Ramazzani da Roccacontrada (Arcevia) e la pittura controriformata nelle Marche”

1° Congresso Nazionale con interventi di: Marisa Abbondanzieri, sindaco, Ennio d’Incecco, assessore alla cultura, Armando Ginesi, Daniela Matteucci, Paolo Santini e Bruno d’Arcevia. Biblioteca comunale, ex chiesa di S. Giovanni Battista. Ore 21, Palazzo dei Priori: Inaugurazione della prima mostra personale in Arcevia del pittore Bruno d’Arcevia. In apertura del convegno, dopo i saluti di rito del sindaco Abbondanzieri, dell’assessore alla cultura d’Incecco e l’intervento del prof. Ginesi che lo presiede, il m° Bruno d’Arcevia legge uno scritto inviato dal prof. Claudio Strinati, assente per impegni di lavoro. Ne riportiamo alcuni stralci significativi: "(…) Non esito ad affermarlo, una personalità fino ad oggi ingiustamente trascurata come quella del Ramazzani rientra a pieno titolo nella Storia dell’Arte italiana. Mentre celebriamo l’ illustre artista del passato ci accingiamo ad inaugurare una mostra di un c"oncittadino illustre che ha voluto legare al proprio nome la sua terra natale. Fu l’arte del Ramazzani un’arte dotta che elaborò lungamente complesse tradizioni iconografiche inserendosi in quel grande alveo dell’arte contro riformata, ricca di straordinari esiti in ogni parte d’ Italia. Bruno d’Arcevia, invece, è un revocatore del mito antico classico e pagano. Il mondo che ci presenta è, per così dire,un mondo al di fuori del tempo in cui contemplare un patrimonio di nozioni e di esperienze che appartengono un po’ a tutta l’Umanità (…)". Prende quindi la parola la dott.ssa Matteucci, che inquadra la figura del Ramazzani nel contesto della contemporanea arte delle Marche riconoscendogli un meritorio e personale eclettismo che attinge ai filoni pittorici tosco-romano-veneti. Prende quindi in esame con valutazioni critiche e confronti stilistici le più importanti opere del Ramazzani , sparse in tutta la regione. “ (…) il fondere in modo originale stili diversi fa parte della cultura del Ramazzani, eclettica, singolare, profonda. Fino ad oggi trascurato, Ramazzani merita invece una giusta rivalutazione, che si è tentata, dimostrandone il valore culturale all’interno del manierismo nelle Marche”. Il dott. Santini, nel suo intervento, puntualizza come “ l’ambiente arceviese, pur provinciale e circoscritto ma assai ricco di fermenti abbia consentito al Ramazzani di recepire i primi stimoli culturali ed artistici che formarono i sedimenti della sua eclettica e complessa personalità. L’incontro con il Lotto, i suoi viaggi a Roma e forse a Firenze, i frequenti spostamenti nelle Marche per eseguire le opere commissionate, gli consentirono di arricchire il suo mondo pittorico non solo attraverso la conoscenza dei grandi artisti del passato, ma soprattutto delle contemporanee correnti pittoriche. Egli seppe pervenire ad un linguaggio personale e compiuto recependo sì le istanze innovatrici, ma tenendo ben salde le radici della più rigida tradizione cattolica”. Il convegno è stata occasione favorevole per recuperare da ingiusta dimenticanza critica la figura del Ramazzani, pittore non secondario nel panorama artistico controriformato marchigiano. Tra i diversi temi affrontati due in particolare sono risultati di particolare interesse per averne consentito una molto attendibile loro definizione: il luogo e la data di nascita del Ramazzani. Al riguardo il dott. Santini ha sostenuto, contrariamente a quanto ritenuto sinora, che “all ‘artista anche nei più antichi documenti che lo riguardano, viene sempre riferita la provenienza da Roccacontrada (Arcevia) e non dal suo contado. Distinzione questa che veniva puntigliosamente precisata in ogni atto pubblico o privato che fosse”. Circa la data di nascita, ancora il dott. Santini, con argomentazioni di carattere storico e giuridico, e prendendo in esame il diario del Lotto che in modo puntuale riportava i vari passaggi relativi all’apprendistato del Ramazzani, sottolinea come nel dicembre 1550 il Lotto faccia l’accordo per un anno con l’orefice Francesco in nome e per conto del padre di Ercole, mentre nel successivo nuovo accordo che doveva valere per tre anni il consenso richiesto riguarda sia Ercole che suo padre. Rifacendosi all’ordinamento allora vigente di derivazione romano giustinianea, per cui il minore di 14 anni poteva compiere atti giuridici solo avvalendosi di un tutore (il padre se lo aveva) e che al compimento di quell’età il suo consenso doveva essere integrato da quello paterno, il Santini applicando tale normativa al richiamato accordo con il Lotto ritiene che il Ramazzani nel 1551 abbia compiuto 14 anni e quindi che sia nato nel 1537. Gli atti del Convegno sono stati pubblicati nel primo numero di “Studi Arceviesi”, alle pp. 5- 68, pubblicato nel 1994 in occasione della fondazione del Centro Studi Arceviesi di cui venne eletto presidente il dott. Paolo Santini e vice presidenti padre Stefano Troiani ed il m° Bruno d’Arcevia.

mercoledì 2 febbraio 2022

ANGELO ROCCA: mecenatismo artistico ed amore patrio










Vescovo e sacrista pontificio, teologo, letterato, linguista e bibliofilo, Angelo Rocca, il fondatore dell’Angelica, la prima biblioteca aperta al pubblico in Europa (1604), nacque in Roccacontrada, oggi Arcevia, nella Marca Anconetana.                                  

A 400 anni dalla morte gli rendiamo pubblico onore qui, nella sua patria, nello storico teatro comunale, Misa, con un convegno di studi che intende illustrarne la figura di religioso, studioso, bibliofilo e mecenate di artisti oltre che devoto figlio della sua tanto amata Arcevia. 

Angelo Rocca nacque nel 1545, nel contado di Roccacontrada, e molto probabilmente in quella parte del territorio soggetta alla diocesi di Camerino (che con  quelle di Nocera, Senigallia e Fossombrone avevano giurisdizione sul comune). Ciò spiegherebbe perché il Rocca entrò, pur giovanissimo, all’età di sette anni nel convento agostiniano di quella città, quando anche Roccacontrada aveva un importante monastero dello stesso ordine.

Un documento da me rintracciato e pubblicato,  menziona la casa che Tano (Gaetano) fratello di mons. Angelo Rocca lasciò in eredità agli agostiniani arceviesi e da questi venduta prima del marzo 1636, per 100 fiorini, ad una certa  Dorotea di Sesta.

            Il documento fugherebbe comunque ogni  ipotesi che il Rocca fosse  un trovatello senza famiglia. E che avesse una filiazione legittima ce lo conferma espressamente, poi, la bolla di Paolo V del 5 giugno 1605 con cui venivano concesse al vescovo Rocca le rendite dell’abbazia di S. Maria della Piana.

Il Rocca entrò dunque nel convento di S. Agostino di Camerino nel 1552 ed emessa la professione religiosa, per gli ottimi risultati da lui conseguiti in teologia, filosofia grammatica e logica, come egli stesso ricorda, proseguì gli studi a Perugia, Roma, Venezia. Nell’ateneo di Padova  si laureò, nel settembre 1577, in teologia “summa cum laude summo onore”, rimanendovi  del tempo come docente.

            Trasferitosi  a Venezia, nel convento di S. Silvestro, divenne amico di Aldo Manuzio il giovane, erudito umanista e stampatore, di cui curò alcune edizioni, accrescendo le sue conoscenze filologiche, letterarie e  linguistiche. Nel 1576  aveva già pubblicato, con il Manuzio, “Le osservazioni sulla bellezza della Lingua latina”, che gli procurò fama tra gli studiosi ed eruditi del tempo.

Tra il 1581 ed il 1582 fu chiamato a Roma da Agostino Molari da  Fivizzano (†1595) allora vicario generale ad interim degli agostiniani e sacrista del Palazzo Apostolico, confessore di Gregorio XIII, come suo segretario divenendo successivamente segretario generale dell’ordine.

           

            Il marchigiano Sisto V, Felice Peretti, salito al soglio pontificio nel 1585 lo chiamò al suo fianco quale collaboratore fidato e consigliere. Il Rocca, teologo e fine linguista, colto traduttore dal latino, ebraico, arabo e caldaico, organizzatore capace, nonché famoso emendatore di testi fu dal Papa nominato Sovrintendente alla Tipografia vaticana, segretario della Congregazione dell’Indice, segretario e consultore della Congregazione per l’edizione della Bibbia, la Vulgata sistina, pubblicata nel 1590 e riedita emendata nel 1592, di cui  coordinò la pubblicazione .

Il Rocca, stretto collaboratore di Sisto V, svolse, per i diversi cantieri papali, il delicato compito di controllare la conformità, ivi compresa quella storico religiosa e dottrinale, delle rappresentazioni pittoriche di arte sacra alle indicazioni conciliari, avendo anche l’opportunità di partecipare alla loro elaborazione ideografica

 

Tra i cantieri sistini più importanti ricordiamo: la nuova Biblioteca Vaticana e la Scala Santa realizzate negli anni 1587-1589 ed il Palazzo Lateranense (dal giugno 1585 al maggio 1589), tutti su progetto e direzione dell’arch. Domenico Fontana, mentre  le  decorazioni  furono dirette dai pittori  Giovanni Guerra di Modena e Cesare Nebbia di Orvieto.

 

Il Rocca rimase molto legato alla propria terra natia, dove ritornava spesso soggiornando nella  casa  paterna  e  mantenendo rapporti stretti, specie  dopo la  nomina  a segretario  generale   dell’ordine, con gli agostiniani del locale monastero.

 

A Roma il Rocca prese sotto la propria protezione i fratelli Conti, pittori, compaesani, inserendoli nel novero degli artisti sistini, garantendo loro la presenza nelle diverse fabbriche papali, ma anche favorendone l’impiego in prestigiose committenze nobiliari e prelatizie.

 (…)

Nel 1614, il 23 ottobre, il Rocca firmò  l’ atto ufficiale di donazione, redatto dal notaio Celso Cusano,  della sua biblioteca oramai nota come Angelica al convento di S. Agostino di Roma. Già nel 1595 Clemente VIII lo aveva autorizzato con Breve a donare la biblioteca ad un convento agostiniano e nel 1609 Paolo V con altro Breve  ne confermò la donazione ma con destinazione pubblica. L’Angelica era però operante da tempo come dimostrano le due lapidi, tuttora esistenti, poste accanto all’accesso: l’una datata 1604, poi corretta in 1605,  dichiara la sua libera e pubblica fruizione, mentre l’altra  menziona la scomunica papale per chi sottrae libri dalla biblioteca. Ed ancora a conferma della sua operatività anteriore alla donazione è il volumetto del 1608 “Bibliotheca Angelica Litteratorum … dicata”, che elenca i volumi posseduti e consultabili.  

Angelo Rocca morì a Roma il 7 aprile 1620, nei palazzi vaticani dove abitava, all’età di 75 anni.

Il suo corpo riposa nella chiesa di S. Agostino, accanto alla Biblioteca che da lui prese il nome. Un monumento funebre, fatto collocare dai suoi confratelli  nella  navata destra, con ritratto ed epitaffio  lo ricorda come vescovo di Tagaste, Sacrista apostolico e fondatore dell’insigne Biblioteca Angelica,  uomo eruditissimo e donatore  “liberalissimo”, benemerito della religione agostiniana. I padri del convento di S. Agostino e  i confratelli di Roma  posero questa lapide per gratitudine e benevolenza.

 

ESTRATTO DALL’INTERVENTO AL CONVEGNO DEL  3  OTTOBRE 2020 RIELABORATO   NEGLI ATTI IN CORSO DI PUBBLICAZIONE NEI “QUADERNI” DELLA REGIONE MARCHE.  SONO STATI OMESSI I RAPPORTI DEL ROCCA CON ARCEVIA E GLI ARTISTI G. CIBO,  E. RAMAZZANI, C. CONTI. OLTRE LE NOTE AL TESTO.