mercoledì 17 agosto 2022

Commemorazione per i 400 anni dalla morte del pittore sistino CESARE CONTI di Roccacontrada nella Marca d’Ancona, oggi ARCEVIA (R.C. 1557/58 – R.C. 4 agosto 1622)

UN ARTISTA RISCOPERTO
Artista attivo a Roma e documentato dal 1584, viene ricordato con il fratello Vincenzo, dal Baglione, nel gruppo dei pittori al servizio di Sisto V. I fratelli Conti, caduti per lungo tempo in oblio sono stati recentemente riscoperti e rivalutati dalla critica, come del resto tutta la pittura sistina. A loro è stata riconosciuta, in particolare da Alessandro Zuccari, la partecipazione, da comprimari, nei cantieri sistini di Palazzo Lateranense, della Biblioteca Vaticana, della Scala Santa, ed ancora, tra l’altro, nella Galleria di Palazzo Vento Giustiniani, nel fregio del Palazzo del Conservatore in S. Spirito in Sassia, in Palazzo Altemps, nel Palazzo Colonna. Il loro ritorno nelle Marche per impegni di lavoro, nel 1592, li vede attivi a Macerata, in S. Maria delle Vergini, a Sanseverino, nel santuario della Madonna dei Lumi, ad Acquaviva Picena, S. Nicolò, in Ancona nel Palazzo Bosdari. Sul finire del 1500 i due fratelli però si separano: Vincenzo tornò a Roma dove è documentato abitarvi dal 1598 e dal 1607, luglio risulta presente a Torino alla corte sabauda. Cesare rimase nelle Marche, dove si era nel frattempo sposato. Per quanto riguarda Cesare, in particolare, l’individuazione di alcune sue opere in Arcevia, nonché ricerche archivistiche e riscontri documentari, hanno consentito a Paolo Santini di ritenere che questo pittore, ma anche il suo più giovane fratello Vincenzo, siano originari di Rocca Contrada, in particolare della villa di S. Lorenzo presso Magnadorsa, oggi non più esistente. Al 1595 risalgono i primi documenti che lo attestano in Rocca Contrada. Nel 1596 Cesare è per lavori a Sanseverino e Macerata. Nel 1597 è registrato tra i visitatori della Compagnia dei Riformati di R.C. Nel novembre del 1598 nacque in Arcevia, Girolamo. Costui con molta probabilità è quel Girolamo Conti, nipote del letterato, segretario e cifrista di Urbano VIII, mons. Santi Conti, ricordato dall’Abbondanzieri come pittore molto versato per cui meritò la croce ed il titolo di cavaliere . Al 1598 risale il viaggio di Clemente VIII a Ferrara, accompagnato dal sacrista Angelo Rocca, per la devoluzione della città e del ducato allo Stato della Chiesa. Come ex voto di ringraziamento il cardinale Pietro Aldobrandini nipote del Papa e segretario di Stato fa dipingere il quadro con la Madonna di Loreto oggi nella Pinacoteca di Senigallia. Dipinto dopo dicembre 1598, va ascritto a Cesare Conti Agli inizi dell’anno 1600 Cesare eseguì in Arcevia, dove risiedeva, la bella tela della Sacra Famiglia con S. Giovannino, S. Francesco e S. Bonaventura per la chiesa di S. Giovanni Battista fuori le mura, su commissione dell’agostiniano Angelo Rocca, suo protettore già a Roma. Sempre in Arcevia eseguì diverse altre sue opere ed entro il 1607 realizzò qui la grande e bella pala con Gesù, Madonna e Santi per una chiesa marchigiana, oggi conservata a Morbio (Canton Ticino). Nel 1615 Cesare fu chiamato come perito di parte dal Pomarancio, per valutare con Baldassarre Croce i lavori eseguiti da quel pittore nella basilica di Loreto. Nel 1621 in giugno, a Macerata realizzò pitture sulla porta del Palazzo del cardinale Legato. Il 29 luglio 1622 fece testamento in Arcevia dove morì il 4 agosto. Venne seppellito nella chiesa di S. Maria. I fratelli Conti portarono nei territori periferici della Marca fino alla corte di Savoia l’innovativo linguaggio artistico acquisito nei cantieri romani, che li videro attivi e qualificati interpreti dello spirito della Controriforma. Le loro opere, in particolare quelle autografe di Cesare, di raffinata bellezza, vibranti di un cromatismo luminoso e squillante, mostrano una elevata qualità pittorica, con personaggi caratterizzati da una loro identità significante e peculiare, assai riconoscibile come propria cifra stilistica. La rettifica della data che documenta la presenza di Cesare a Roma, il 1584 anziché il 1564, ci consente infine di ritenere che il loro apprendistato di pittori possano averlo fatto in patria, in Arcevia, dove era attiva dal 1560 in poi, la fiorente bottega di Ercole Ramazzani. Ed inoltre di aver recepito la benefica influenza di Gherardo Cibo, presente in Arcevia dal 1540, valente e raffinato pittore di paesaggi, squisito disegnatore oltre che botanico, amico e protettore del Ramazzani. I fratelli Conti, paesaggisti, in particolare Vincenzo, credo siano tributari del Cibo più che dei fratelli Brill.

“I Della Robbia nelle Marche. Epigoni robbiani nell’area Esino Misena: Ercole Ramazzani e bottega” . Presentazione del volume.

La mostra a carattere regionale “Itinerari robbiani” tenutasi nel 2014, ha proposto un suggestivo ed interessante itinerario turistico culturale nelle località marchigiane che gelosamente ancora conservano opere robbiane. Tra queste Arcevia che primeggia per numero e qualità, possedendone alcune inviate da Firenze ed altre eseguite in “loco” da fra Mattia Della Robbia. Intento degli organizzatori era tra l’altro di rendere tale esposizione permanente predisponendo allo scopo una pubblicazione che oltre a prendere in esame le opere esistenti nelle Marche menzionasse anche quelle perdute, rubate o vendute, nonché attribuite erroneamente. Con la pubblicazione del mio volume “I Della Robbia nelle Marche”, finanziato dalla Regione Marche e con il contributo del comune di Arcevia, si viene a colmare questo vuoto documentario, ricostruendo gli avvenimenti che hanno consentito ai due frati Della Robbia, figli di Andrea, il loro trasferimento nella regione dove hanno diffuso gli ultimi bagliori della prestigiosa arte degli invetriati robbiani. Il libro presenta un apparato consistente di foto in b/n e a colori, con un capitolo introduttivo su questa importante famiglia di scultori plasticatori fiorentini. Viene inoltre “riscoperta” l’importante Romita di S. Girolamo, oggi scomparsa, punto di riferimento per la committenza delle robbiane a Firenze nonché per l’attività arceviese di fra Mattia, presentando un nucleo di disegni del romitaggio, ed altri attinenti, eseguiti da Gherardo Cibo, il grande artista e botanico arceviese, come testimonianza della sua frequentazione del sito, dei frati e della stessa chiesa. In Appendice anche “Il libro dei conti di S. Girolamo”, iniziato nel 1509.. Vengono infine prese in esame le terrecotte di ispirazione robbiana ma di produzione locale, in particolare un gruppo alquanto omogeneo esistente nell’area esino misena già attribuite dallo scrivente a Ercole Ramazzani ed alla sua bottega per concordanze stilistiche, temporali e storiche , ora riproposte supportate da nuovi elementi documentari e confronti fotografici.
I DELLA ROBBIA: una famiglia di artisti, maestri insuperati della terracotta invetriata La scultura in terracotta assai apprezzata nell’antichità, fu quasi dimenticata nel Medio Evo. Ebbe una sua rinascita agli inizi del Quattrocento, in concomitanza con la più vasta riscoperta del mondo antico, soprattutto per opera di grandi artisti come Donatello, Ghiberti, Brunelleschi e Luca Della Robbia. L’utilizzo, in età rinascimentale, della terracotta invetriata nelle opere d’arte a rilievo fu un’innovazione di rilevante portata che va ascritta proprio a Luca Della Robbia, uno dei protagonisti della scultura fiorentina del Quattrocento. Di tale “invenzione” ce ne dà conto già il Vasari nelle sue “Vite dei più eccellenti pittori, scultori, architetti” scritte nella seconda metà del Cinquecento, affermando che Luca trovò il modo di “difendere le opere in terracotta dalle ingiurie del tempo”. E ottenne ciò dando loro “una coperta d’invetriato addosso, fatto con stagno, terra ghetta, antimonio ed altri minerali e misture cotte al fuoco d’una fornace apposta”. Le opere di terra divenivano così “quasi eterne”. “Del qual modo di fare , come quello che ne fu inventore, riportò lode grandissima, e glie ne avranno obbligo tutti i secoli che verranno” Le elevate qualità artistiche della produzione robbiana, ed una richiesta sempre più pressante di opere, consentirono a Luca di impiantare, nella casa bottega di via Guelfa a Firenze acquistata con il fratello Marco, una fiorente attività economica che ebbe enorme fortuna e fu proseguita dal nipote Andrea e dai suoi figli, fra Mattia, Giovanni, fra Ambrogio, Luca il giovane e Girolamo, sino al terzo decennio del XVI secolo. Una produzione artistica, raffinata ed originale, che ebbe un successo straordinario anche al di fuori dei confini nazionali, favorito dalla possibilità di lavorare le terrecotte a pezzi di varia misura facilitandone il trasporto e quindi la loro ricomposizione da parte di maestranze locali.
I DELLA ROBBIA NELLE MARCHE La diffusione delle robbiane nelle Marche, regione seconda solo alla Toscana per numero di manufatti invetriati e dipinti, prese avvio verso la metà del XV secolo con l’invio ad Urbino da parte di Luca Della Robbia della lunetta con la Madonna, Bambino e Santi per il portale della chiesa di S. Domenico. Negli ultimi venti anni del Quattrocento altre opere vennero ad arricchire il Montefeltro ed il pesarese. Dal secondo decennio del Cinquecento si registra poi una nutrita presenza di robbiane nell’Anconetano, in particolare in Arcevia, che oggi può vantare di possedere, nella regione, il nucleo più consistente. Queste arceviesi risultano eseguite, alcune nella bottega di via Guelfa, diretta da Giovanni Della Robbia, altre “in loco” da fra Mattia della Robbia, qui attivo negli anni 1520-1524, e la cui presenza è documentata nella Romita di S. Girolamo. Nel Maceratese, infine, dove dalla metà all’incirca del terzo decennio del XVI secolo si trasferirono i due figli domenicani di Andrea Della Robbia, Francesco (frate Ambrogio) e Marco (frate Mattia), impiantandovi una fiorente bottega, si conclude la fortunata parabola dell’arte robbiana con la scomparsa dei due artisti, tra il 1528 e il 1532.
EPIGONI ROBBIANI NELL’AREA ESINO MISENA: ERCOLE RAMAZZANI E BOTTEGA La diffusione ed il successo riscontrato dalle opere robbiane in ambito marchigiano, hanno certamente favorito la produzione locale di invetriati ed in particolare di terrecotte policrome dipinte a freddo: un mezzo espressivo più povero ed economico rispetto all’invetriato, ma capace di suscitare nei fedeli, per una resa più naturalistica dei personaggi, un maggior coinvolgimento emotivo e devozionale. Nell’anconetano,ed in particolare nell’area esino misena, è conservato un interessante nucleo di terrecotte dipinte ascrivibile, per i caratteri stilistici e tecnici che le accomuna, ad una stessa bottega locale, “ricettiva degli stimoli prodotti dalla presenza dei fratelli Della Robbia”. Un primo gruppo di pale d’altare rappresenta, in modo originale e non più ripetuto, la ricomposizione di due iconografie ricorrenti nelle Marche del XVI secolo: quelle della Madonna della misericordia e della Madonna del rosario . Figurazioni che sottintendono situazioni di disagio spirituale e culturale legate all’inquietudine tipica del tempo. Ne fanno parte i dossali di Avacelli di Arcevia, di Murazzano e delle chiese di S. Francesco e S. Pietro di Sassoferrato, ed ancora di Serrasanquirico e di Genga. Nel complesso menzionato di terrecotte vanno ricompresi i Presepi a figure mobili in terracotta dipinta, conservati nella Pinacoteca comunale di Jesi, in S. Medardo di Arcevia e nel convento di S. Pacifico in Sanseverino Marche, il crocifisso in S. Lorenzo di Avacelli di Arcevia ed altro piccolo murato in una nicchia esterna alla chiesa di S. Medardo. Tutte queste opere vennero inizialmente assegnate al pittore sassoferratese Pietro Paolo Agabiti. Non esistono, allo stato, documenti che provino l’attività scultorea dell’Agabiti, né tantomeno che attestino essere stato il padre del pittore, Agabito, proprietario della Vasaria di Sassoferrato, una fabbrica di ceramiche, dove l’artista avrebbe inizialmente esercitato questa arte. L’Agabiti rivolge i suoi interessi figurativi verso il Veneto e la Romagna, mentre lo scultore dei dossali in terracotta guarda ai Della Robbia , ispirato in particolare alle loro opere arceviesi. Questo complesso di terrecotte si ritiene invece eseguito dal pittore Ercole Ramazzani (1537ca.- 1598) di Roccacontrada (Arcevia),ed alla sua bottega, la cui attività anche di plasticatore è documentata sin dal 1563, anno in cui risulta impegnato nel rifacimento del crocifisso “grande” ed in altri lavori di terracotta nella chiesa di S. Gianne di Rocccacontrada. A lui va riconosciuta la paternità di questi lavori per le affinità stilistiche, tecniche e fisionomiche con le sue opere pittoriche.
IL LIBRO SI COMPONE DI 200 PAGINE CON 90 FOTO IN B/N, E 50 A COLORI PREZZO DI COPERTINA: 23 €. SI PUO’ ACQUISTARE IN ARCEVIA (edicola) E IN TUTTE LE LIBRERIE, ANCHE SU AMAZON. EXORMA ED.