sabato 28 settembre 2013


LUCA SIGNORELLI

(1450 ca.Cortona - 1523)

                                                         in      ARCEVIA



                                                   Polittico di S. Medardo (part.)

 

 Pittore eccellente (…) nei suoi tempi tenuto in Italia tanto famoso e l’opera sua in tanto pregio, quanto nessun altro in qualsivoglia tempo sia stato giammai” (Giorgio Vasari)

 

                                                   Vergine del latte (part.)


                                         Arcevia già Roccacontrada


Il Signorelli giunse in Arcevia, già Roccacontrada,  probabilmente nel mese di giugno 1507, anche se la sua venuta potrebbe essere anticipata al mese di maggio. Infatti al 10 aprile  risale l’ultima notizia documentata dell’artista, prima della sua partenza per Rocca Contrada: la sua presenza al contratto di donazione di alcuni beni, tra cui due quadri, da lui fatta a favore della figlia Gabriella, a Cortona (Arch. Stato di Firenze, Rog. L. 51, f. i 265, 271).

Il 20 febbraio dell’anno risultava presente alla seduta del Consiglio comunale della sua città, di cui era membro, mentre era già  assente in quella del 23 giugno quando fu estratto come Priore per i mesi di luglio ed agosto, “a motivo della lontananza dal comune”. 

Il Signorelli fu chiamato in Arcevia per dipingere l’imponente polittico di S. Medardo destinato all’altare maggiore della omonima chiesa, per interessamento (o forse proprio per commissione) del vescovo di Senigallia, Marco Vigerio Della Rovere, francescano, creato cardinale col titolo di S. Maria in Trastevere da Giulio II il 1 dicembre 1505. (…)


I documenti noti però non ci dicono quando il polittico fu iniziato, né tanto meno quando fu compiuto. I tre atti arceviesi, che si trascrivono integralmente di seguito, si riferiscono alla commissione ed al pagamento finale del Battesimo di Gesù ed alla promessa di m.° Piertidaldo, non mantenuta, di far dipingere una croce gratis al Signorelli. Non è stato inoltre trovato alcun documento riguardante la tavola di S. Francesco con la Madonna, Bambino e Santi. (…)

Queste minute di atti riguardanti alcune commissioni di opere arceviesi del Signorelli, rogati da Alfonso Venerio, Venerii o Veneri furono rintracciate da Anselmo Anselmi e pubblicate nella rivista Archivio Storico dell’Arte. Dopo la morte dell’Anselmi questi documenti non furono più trovati tra i registri del notaio Veneri, trasferiti col notarile arceviese nell’Archivio di Stato di Ancona. (…) Cogliendo l’occasione del riordino sistematico e della nuova catalogazione dell’archivio arceviese ho rinvenuto, qui, questi importantissimi documenti. (…)

Le elevate qualità del polittico furono riconosciute dal Crowe e dal Cavalcaselle, ma negate da tutta la critica successiva sino al Fontana “forse perché il Signorelli dovette adattarsi al formato della cornice preesistente oppure per l’inaccessibile ubicazione dell’opera”. Lo stesso Adolfo Venturi, amico dell’Anselmi venuto in Arcevia  a visionare i due dipinti, non ne parla nella sua monumentale Storia dell’arte italiana, Milano, 1913, limitandosi a dire a p. 301 del vol. VII, “Arcevia sopra Sassoferrato lo volle (il Signorelli) pittore dell’ancona per la chiesa di San Medardo”. Nella nota a p.406, poi, li riporta tra le opere del pittore non menzionate nel testo: “Arcevia, chiesa di S. Medardo, polittico (bottega); idem, Battesimo, 1507, (bottega)”.  Il Venturi oltre ad errare la data del Battesimo, li giudica addirittura opere di bottega! (…)

Comunque come  ricorda il Mancini ( G., Mancini, La vita di Luca  Signorelli,  p.152)  il pittore era solito nella stagione invernale sospendere il lavoro e tornare in patria per riprenderlo in primavera.  Tenuto conto delle condizioni delle strade poco praticabili e del clima rigido di Arcevia, già dal mese di novembre, si può ritenere che il pittore si sia allontanato in questo periodo. Il Signorelli prima di lasciare Arcevia doveva però già aver acquisito le nuove commissioni da portare a termine l’anno seguente.

Nella primavera del 1508, probabilmente nel mese di marzo, Luca Signorelli  tornò in Arcevia  per portare a termine le commissioni già acquisite o promesse nel 1507: le pale d’altare per la chiesa di S. Francesco e di S. Gianne. (…)

 

(da Studi Arceviesi 5, P.Santini, Luca Signorelli a Roccacontrada nel 500° anniversario della ricorrenza (1507-1508). Documenti e considerazioni, pp. 13 e segg)


 

 

1507   dipinge per la chiesa di S. Medardo di Arcevia il polittico con la Madonna, Bambino, Dio Padre e Santi 

1508, dipinge per la cappella dei Filippini nella chiesa di S. Francesco, a spese di Giacomo di Simone, la tavola con la  Vergine e Santi, oggi alla Pinacoteca di Brera, firmata e datata 1508 .

1508, 8 giugno, si obbliga a dipingere  per la Fraternità del Crocifisso della chiesa di S. Gianne  il Battesimo di Cristo, oggi in S. Medardo, e il 24 giugno rilascia quietanza finale per il pagamento ricevuto.

1508, 24 giugno, si obbliga con i sindaci di S. Medardo a dipingere gratis una croce come aveva promesso agli stessi quando aveva dipinto per la chiesa di S. Medardo il polittico. Maestro Pertedaldo di Giorgio arceviese dovrà verificare che l’opera sia “ bonam et cum omni decore et ornamento”.

Questa croce però non fu mai dipinta dal Signorelli, perché il pittore lasciò definitivamente Arcevia il 26 giugno 1508. In questo giorno infatti il Signorelli  era a Jesi per ricevere la commissione  di una Deposizione di Cristo da parte della Confraternita del Buon Gesù per la chiesa di S. Floriano. Il pittore si impegnava  a lavorarci per tutto il mese di ottobre. Il prezzo dell’opera veniva stabilito in 100 ducati d’oro oltre vitto ed alloggio per lui ed i suoi collaboratori.

Il Signorelli intendeva però ritornare nelle Marche per dipingere il quadro di Jesi e la croce promessa ai sindaci di S. Medardo. Partì quindi per Cortona dove  assunse l’ufficio di priore per i mesi di luglio e agosto. I gravosi impegni  dei mesi successivi impedirono però al pittore di onorare i suoi obblighi. La Confraternita del Buon Gesù affidò successivamente, nel 1512, a Lorenzo Lotto l’incarico di dipingere la Deposizione di  Cristo.  La croce di S. Medardo non fu mai dipinta. (Studi arceviesi 5, cit.)

 

Il Signorelli dovrebbe aver dipinto per incarico del Comune anche un quadro con S. Medardo di cui però non c’è traccia documentaria diretta, ma menzione in atti più tardi. Nelle Congregazioni della fabbrica di S. Medardo del 3, 13, 30 dicembre 1648 il Comune, intenzionato a far terminare il quadro incompiuto dal Ridolfi per la propria cappella di S. Medardo, da porre sull’altare eseguito da Scaglia e Giglioni, soprassedette  decidendo  di collocare qui “il quadro Vecchio che è di mano del q. Luca Signorelli da Cortona”. Ancora nel 1651 però non era stato collocato il quadro del Signorelli sull’altare di S. Medardo, perché nella Congregazione del 6 settembre, su pressioni del card. Facchinetti che voleva far dipingere il quadro del Santo ad un suo pittore “amorevole”,  veniva detto: “si dia conto a detto Ecc.mo che già fu risoluto di mettere nella nostra Cappella il quadro antico perché non tenevamo né abbiamo denari”. La Congregazione si rimetteva comunque alle decisioni del vescovo.

Nella cappella rimase, sia pure nascosta nell’ornamento in legno dell’altare, la tela del Ridolfi e non si commissionò alcun nuovo quadro. Ancora però nel 1678 in una riunione del consiglio comunale del 1 maggio si lamentava che “la cona dell’altare di S. Medardo” non era ancora posta alla perfezione. Anche di tale quadro si è persa ogni traccia.

 
                                               Polittico di S. Medardo



POLITTICO DI S. MEDARDO

 
primo ordine: Madonna in trono col Bambino ed i SS. Sebastiano,          

                      Medardo, Andrea, Rocco

secondo ordine: l’Eterno (sotto edicola) ed i SS. Paolo, Giovanni

                       Battista, Pietro, Giacomo

pilastri:           14 mezze figure di Apostoli, Evangelisti, Dottori della 

                       Chiesa, Sante

predella:         Annunciazione, Natività, Adorazione dei magi, Fuga in

                       Egitto, Strage degli innocenti

alle estremità del basamento: stemmi di Rocca contrada e del

vescovo di Senigallia Marco Vigerio I della Rovere

olio su tavola  cm. 330 x 260
 
nel gradino su cui posa i piedi la Vergine: 

                                      LUCAS  SIGNORELLUS  PINGEBAT  MDVII                


È questo il capolavoro pittorico di cui va, a ragione, superba Arcevia: “una delle opere più affascinanti e belle della intensa carriera artistica del Signorelli”. Spetta al Fontana il merito di aver recuperato dal suo ingiusto oblio un’opera così splendida e grandiosa mortificata da una critica prevalentemente negativa sino ad una ventina di anni fa.

          L’opera fu talmente apprezzata, non solo dai committenti, che al cortonese furono affidati altri importanti lavori.



Le scene della predella sono di luminosa bellezza, e quella in particolare della Strage degli innocenti, è stato detto,  può aver influenzato il giovane Raffaello. Al riguardo viene segnalato il parallelo tra il soldato nudo visto di spalle nella Strage e lo sgherro del giudizio di Salomone  di Raffaello nel soffitto della Stanza della Segnatura.

Il polittico, nella sua solenne sacralità e monumentalità, è una rappresentazione che rompendo i limiti imposti dalla cornice si libra verso orizzonti infiniti “per la grande vastità del fondo luminoso e la trasparenza bianca poi azzurra, salendo in alto, del cielo come accadeva col Perugino o meglio col Raffaello di quegli anni”. In questo quadro non c’è involuzione, ma la conferma di un grande artista capace di esprimersi con la medesima intatta forza orvietana, con un rigore impeccabile, dimostrando di “tener conto, sottolinea ancora il Fontana, dell’evolversi della pittura umbro fiorentina di quegli anni, molto attento però alle giovani speranze, quali Michelangelo e Raffaello”. Il Signorelli ha voluto lasciare in Arcevia la sua “ultima e grande impronta, un ricco dono indelebile, un po’ come aveva fatto con Loreto, Monteoliveto e Orvieto”. 

 

                                                   Battesimo del Salvatore
                                                               

 
BATTESIMO DEL SALVATORE

CON DIO PADRE E S. GIOVANNI BATTI
 

pilastro sinistro: S. Rocco, S. Urbano, S. Giovanni Battista e     

                           l’arcangelo Gabriele

pilastro destro:   Santa Apollonia, San Sebastiano, S. Medardo e la

                           Vergine Annunziata

 predella:             Natività del Battista, Predicazione, Rampogna ad

                            Erode, Danza di Salomè, Decollazione del Battista

            olio su tavola: cm. 244 x 160

            cartellino con piegature sotto i piedi del Giovanni Battista :

 Luca Signorelli de Cortona 1508

 


Nei confronti di questo quadro come del più famoso polittico la critica solo di recente ha finalmente riconosciuto e senza mezzi termini alle opere arceviesi del Signorelli la dignità di capolavori: espressione di un artista ancora attentissimo ai nuovi fermenti culturali e partecipe dei loro mutamenti.

Il Signorelli si era impegnato a dipingere le tre figure principali di sua mano, lasciando ai suoi discepoli migliori il compito di eseguire il resto. Anche qui, come per il polittico, abbiamo una cornice già predisposta, intagliata anch’essa probabilmente dal maestro Corrado teutonico  circa l’anno 1490 ed inoltre con le figure dei mezzi santi nei piastrini già eseguite. Il Signorelli invitato dunque a compiere un quadro già iniziato, si obbligò a fare una pittura che sarebbe stata giudicata di particolare bellezza “ quod reputabitur quid nobile et speciosum” e in effetti mantenne la parola.

L’opera fu finita in 19 giorni: commissionata il 5 giugno 1508 fu pagata il 24 successivo. La critica è discorde sull’autore delle pitture laterali.  Per il Berenson, il Salmi ed il Fontana esse vanno attribuite a Francesco di Gentile. Il Berenson poi attribuisce l’Annunciazione, nelle edicole cuspidate, ad Antonio da Fabriano, mentre il Fontana la ritiene ridipinta dagli aiuti del Signorelli.

“La grandezza del Maestro parla dovunque e in primis esplode nella vasta immensa spazialità cinquecentesca, soprattutto in quel respiro infinito del cielo nell’ultimo orizzonte, certo desunto dal Raffaello” e da questa spazialità traggono la loro essenza le tre figure: quella di Dio Padre che  viene a fondersi stupendamente col fastigio dell’ornato in alto mentre ha in mano la grande palla d’oro dell’Universo. E la figura di S. Giovanni Battista avvolta da un grande manto di un colore rosso acceso che si contrappone al nudo superbo del Salvatore. “Nudo trionfale e bellissimo vero perno di tutta la composizione: il suo non è l’ancheggiare peruginesco pieno di grazia nella Cappella Sistina, bensì la ponderazione classica e insieme anticlassica di un nudo vitalissimo tutto solcato da muscoli emergenti e vibranti su cui sembra accendere una nota fresca e veramente signorelliana il bellissimo perizoma variopinto a strisce colorate”
 
L’opera fu commissionata al Signorelli dai sindaci della Fraternità del Crocifisso per l’altare maggiore della loro chiesa di S. Gianne di R. C. il 5 giugno 1508. Il pagamento finale  avvenne il 24 dello stesso mese e fu pagata 28 ducati d’oro, compreso il premio di un ducato per la piena soddisfazione dei committenti. Il Battesimo fu  collocato nel 1890, per interessamento dell’Anselmi, sulla parete  del presbiterio accanto all’altra opera del Signorelli, il Polittico, dove rimase fino a  dopo la seconda guerra mondiale.

 

 
                                                    Vergine del latte
                                                              
 

LA VERGINE DEL LATTE

 

Da Giacomo Simone Filippini,un maggiorente della cittadina, gli venne commissionata la Vergine del latte con quattro santi per la cappella gentilizia della famiglia nella chiesa di S. Francesco. La pala centrale che misura m.2,45 di altezza e m.1,88 di larghezza (…) e richiama , semplificata, la tavola di Volterra del 1491 è fra le cose  più schiette del pittore in questo periodo per l’attenuarsi dei contrasti luminosi e cromatici in una tenue luce diffusa che ammorbidisce il plasticismo delle forme e ne sfuma i contrasti. Nel gradino del trono si legge a lettere dorate:

 

JACOBI SIMONIS DE  PHILIPPINIS AERE

DEO ET DIVAE MARIAE DICATUM

FRATRE BERNARDINO VIGNATO GUARDIANO PROCURANTE

M°D°VIII 

Dietro il capo della Madonna è un cartellino recante il nome del pittore : Lucas Signorelli P.Cortona.

 
 

La cimasa rappresenta l’Incoronazione della Vergine da parte di Gesù con Dio Padre benedicente ed angeli musicanti.

A seguito del rifacimento in stile barocchetto della chiesa di S.Francesco nella prima metà del 1700 furono soppresse varie cappelle e il dipinto del Signorelli fu collocato sull’altare di S. Bonaventura, di giuspatronato della famiglia Filippini, ma dovette essere dimensionato alla nuova decorazione a stucco dell’altare, che consentiva l’inserimento nella cornice della sola tavola centrale. La tavola venne quindi spogliata della cornice originaria, della cimasa, della predella e dei piastrini laterali che vennero restituiti alla famiglia Filippini, legittima proprietaria dell’opera.

            All’incirca verso il 1880 l’antiquario Domenico Corvisieri di Roma acquistò in Arcevia dagli eredi Filippini la cimasa ed i quadretti della predella e forse anche i pilastri laterali.

           La cimasa passò quindi a Stefano Bardini di Firenze e di là emigrò in Inghilterra. Nel 1934 fu esposta ad Amsterdam fra le opere italiane in collezioni olandesi. Ritornò quindi in Inghilterra ed oggi è al Museo di S.Diego. La predella invece è dalla fine del 1800 presso il museo di Altenburg in Germania. Dei piastrini uno è in una collezione privata inglese , l’altro disperso.
 
             La tavola centrale fu requisita in periodo napoleonico per arricchire la pinacoteca imperiale di Milano . Il quadro fu asportato il 20 giugno 1811 ed il commissario Boccalari la reputò di scuola antica come indicato nella ricevuta rilasciata.

Il signor Pier Sante Filippini fece ricorso contro la requisizione del quadro di proprietà della famiglia , ma in data 17 luglio il prefetto del Musone gli notificava che il suo ricorso era stato respinto. La tavola del Signorelli da Arcevia fu inviata a Matelica e di là inoltrata a Macerata , quindi a Milano.

Solo le accurate ricerche dello studioso arceviese Anselmo Anselmi consentirono nel 1891 di rintracciare il quadro, in deposito presso la chiesa parrocchiale di Figino e attribuito alla scuola bolognese, e restituirlo al suo legittimo autore. La cittadinanza arceviese con i suoi amministratori rivolse allora istanza al Ministero di P.I. per riavere quest’opera requisita in epoca napoleonica. Ma con lettera del 15 dicembre 1891 il Ministero respinse la richiesta per non creare precedenti pericolosi. Provvide quindi a che la Pinacoteca di Brera potesse ritirare il quadro che dal 1892 fa qui bella nostra. 

                                                                                                             
 (da Arcevia. Nuovo itinerario nella Storia e nell’Arte di Paolo Santini, ed.2005)

 





mercoledì 4 settembre 2013

Cristoforo Roncalli, il Pomarancio e Francesco Silva in Arcevia






CRISTOFORO  RONCALLI

  detto         Il  Pomarancio

 

Nato nel 1552 a Pomarance in Toscana morì a Roma nel 1626.Famoso ai suoi tempi, amico del marchese  Giustiniani, legato  al card. Baronio  ed  a  S. Filippo Neri,  fu    uno  dei protagonisti
della cultura figurativa romana, fedele interprete dei dogmi della fede cattolica, tra Controriforma e Barocco.

Il 14 marzo 1605 il Roncalli sottoscrive a Loreto il contratto per affrescare la volta della Sagrestia nuova della Basilica, terminata nel 1609. Il 21 luglio dell’anno è in Ancona per i funerali di Federico Zuccari.

Nel 1609 (probabilmente nell’estate) esegue la tela con la Sacra Famiglia e S. Giovannino per i Mannelli di Roccacontrada (Arcevia) e forse altri lavori.

Il 13 dicembre 1609 a Loreto  firma il contratto per affrescare la cupola della Basilica.

Il 28 marzo 1610 è pagato per gli affreschi della volta della Sagrestia nuova.

Il 21 gennaio 1615 Cesare Conti pittore, perito di parte del Roncalli, presenta insieme a Baldassarre Croce,  nominato dalla Santa Casa, la perizia di stima per gli affreschi eseguiti nella cupola e nel battistero, oltre la pala dell’altare della Sagrestia.

Cesare Conti: Arcevia, S. Giovanni Battista, inizi 1600
 
Pomarancio: Arcevia, palazzo Mannelli, cappella,1609
 

L’amicizia tra il Roncalli e l’arceviese Conti  risale al soggiorno romano dei due artisti, dove  non è da escludere anche  una loro comune partecipazione a qualche impresa artistica.

 
 
 
 
 
 

 

                                                                                                                                                              

 

FRANCESCO  SILVA

da              Morbio

 

(1560 ca. Morbio Inferiore (Canton Ticino) - 1641 ca.)

 

Francesco Silva si formò a Roma nella bottega dello scultore Guglielmo Della Porta, dove lavorò nell'atrio della Basilica di S. Pietro.  Lavorò inoltre nella Basilica della Santa Casa di Loreto, nel Duomo di S. Venanzio a Fabriano ed in quello di Faenza.
 
 La presenza lauretana del Silva data dal 1611 al 1613 con  un probabile ritorno nel 1619.  Il Silva  eseguì gli stucchi della cappella del Battistero nel 1611 quindi quelli della Sagrestia nuova, decorata dal Pomarancio,  dove realizzò nel 1612 anche l’arme di Paolo V Borghese. Lavorò nel 1613 nell’atrio della stessa sagrestia.

La frequentazione del Silva  con  Cristoforo Roncalli risale molto probabilmente agli inizi del secolo durante il loro  soggiorno romano. Il sodalizio tra i due era finora documentato nella fabbrica lauretana  e nella  commissione avuta dai Roncalli di Foligno per il loro palazzo patrizio (1613). I due artisti si trovarono a collaborare l’uno con la propria opera plastica e l’altro pittorica  subendo reciproche influenze.

Dalla fine del 1613 al 1619 il Silva è attivo nel duomo di Fabriano, senza però l’apporto del Roncalli.

 



   Opere e presenze del Pomarancio e del Silva

  in   ARCEVIA

 in Palazzo Mannelli

corso Mazzini n. 57)

 


 

Questo imponente ed elegante palazzo fu fatto ristrutturare, accorpando fabbricati più antichi,  da  Flaminio Mannelli senior (1536 †1606) nell’anno 1600.  (...)  Alla morte di Flaminio, nel 1606 ( …) la rifinitura e l’ornamento interno dell’edificio non erano ancora stati fatti. Furono fatti eseguire dai suoi fratelli Ginevra, abate Claudio (†1612) e cav. Girolamo j. (†1619).
Questo palazzo, incorpora l’antica abitazione di mons. Girolamo Mannelli  (†1591), vescovo di Nocera Umbra, che prospetta su via Ramazzani. Nel piano nobile conserva un bel camino cinquecentesco con il  nome del vescovo inciso, le architravi delle mostre delle porte in pietra, con iscrizioni originali, ed un lavabo antico. Nel palazzo è ancora individuabile un altro edificio, quello di proprietà di Felice Martorelli o Martirelli ( ca †1586)  (…) madre di Flaminio senior. 
L’ultima discendente di questo ramo della famiglia Mannelli fu Susanna (Jesi 1678 †ivi 1736), (…) la quale sposò nel 1702 il marchese Cardolo Maria Pianetti di Jesi portando in dote i beni arceviesi.
 
Per la cappella di famiglia, l’abate Mannelli (già segretario a Roma del card. Rusticucci vicario del Papa) aveva fatto dipingere nel 1609 dal celebre cav. Pomarancio (1552 †1626) la bella tela della Sacra Famiglia con S. Giovannino, olio su tela cm.173 x 117, ora conservata nella Pinacoteca di Jesi (firmata e datata).

 

Lo stesso pittore potrebbe aver eseguito altri quadri tra cui quelli che erano collocati nella parte alta della cappella e che facevano un tutt’uno con gli stucchi eseguiti, ancora ben mantenuti, da Francesco Silva, attivo con il Pomarancio nella basilica di Loreto. Alla bottega del Pomarancio potrebbero appartenere anche le decorazioni a fresco secentesche con mascheroni e volti di serafini nel piano nobile.

 
 

Nel  piano nobile del palazzo Mannelli Pianetti sono ancora da ammirare:

gli stucchi parietali e  il bel camino monumentale nel salone di rappresentanza, opera del ticinese Francesco Silva (1560 †1641 ca.) commissionato dal cav. Girolamo j. Mannelli († 1619)


 

 


 

ed ancora gli affreschi con vedute fantastiche, rovine e paesaggi eseguiti ai lati e sotto le finestre da Gaspare Ottaviani (vedi p.154) nel 1778, su commissione del marchese Angelo Pianetti. All’Ottaviani spettano anche le decorazioni delle porte di passaggio. Le grandi tele del salone con soggetti mitologici dovrebbero essere state eseguite da Flaminio  Mannelli j. (1618 †1694), pittore ed architetto (vedi p.145).

 

                                       Paolo Santini

 

Estratto da “Arcevia. Nuovo itinerario nella Storia e nell’Arte” di Paolo Santini ed. 2005


 

 

PALAZZO PIANETTI GIA’ MANNELLI DI ARCEVIA

INTERVENTI DI RESTAURO OPERATI NELLA SECONDA META’ DEL 1700 DAL PITTORE ARCEVIESE GASPARE OTTAVIANI NELLA CAPPELLA DI FAMIGLIA SU COMMISSIONE DEL MARCHESE PIANETTI

I DOCUMENTI RELATIVI VENGONO PUBBLICATI

IN

“ STUDI ARCEVIESI” N. 6

 

GASPARE OTTAVIANI DA ROCCACONTRADA
                                       pittore
A duecento anni dalla morte (pp. 136 e segg.)

DI  PAOLO SANTINI

 

Da “Studi Arceviesi” n. 6 pp. 136 e segg,:

 “Il marchese  (Pianetti) affidò all’Ottaviani  (lettera dell’11 aprile 1778) anche il restauro della cappella di famiglia, in particolare i dipinti ad olio che ornavano il soffitto  e gli stucchi. Le tele infatti, fissate alla volta con gesso, colla e bollettine cadevano a pezzi perché fradice e necessitavano quindi  di  un immediato restauro. “Seppoi non riuscisse dopo  usate le  dovute diligenze, ciò fare procurerebbero far di nuovo  le  sudivisate pitture ad imitare lo stile dell'altre pitture che si trovano in qualche buona  forma” diceva il Gabbianelli (fattore) al marchese.

 

Gaspare dipinse nella cappella cinque nuovi quadretti: due con angeli, una  Visitazione di Maria a S. Elisabetta (che non potevano  essere restaurati) e due soggetti per gli ovati vuoti.

I quadri ad olio restaurati o  ridipinti  dall'Ottaviani  unitamente  a  quelli  più antichi che decoravano questa cappella di famiglia, dovrebbero essere stati trasferiti a Jesi dai marchesi Pianetti, quando vendettero il palazzo di Arcevia, attorno agli anni ‘50.
 


Per questa cappella l’abate Claudio Mannelli commissionò, nel 1609, al celebre pittore cav. Pomarancio (Cristoforo Roncalli 1553†1626) la bella tela dell’altare rappresentante la Sacra Famiglia con S. Giovannino, attualmente conservata nella Pinacoteca di Jesi, donata dalla marchesa Metella Pianetti. Allo stesso artista (ed aiuti) dovrebbero essere assegnati i quadretti inseriti nella decorazione del soffitto, come altri lavori nel piano nobile.

                                      stucchi del Silva nella già cappellina dell'abate Mannelli

camino nel piano nobile di palazzo Mannelli, con stucchi del Silva


Allo scultore ticinese Francesco Silva spettano i raffinati stucchi della cappella con angeli e figure simboliche ed altri lavori, tra cui il monumentale camino nel piano nobile.  Il cav. Pomarancio già impegnato a dipingere nel cantiere lauretano, dal gennaio 1611 si avvarrà della collaborazione del Silva come plasticatore per  nuove opere nella  basilica di Loreto. La decorazione della cappella dell’abate Mannelli attesterebbe un’anticipazione al 1609 del sodalizio tra il Pomarancio e il Silva.

Pubblichiamo di seguito i documenti che assegnano a questi due artisti i lavori nella cappella Mannelli.   (…)".     Omissis