martedì 17 novembre 2015

Il "Mattioli" colorito e miniato da Gherardo Cibo per Francesco Maria II della Rovere duca di Urbino








Gherardo Cibo (1512-1600), botanico e paesaggista tra i maggiori del suo tempo, riscoperto recentemente come artista di gran valore, è anche autore di un trattato sulla miniatura ed altri scritti sui colori e la tecnica dell’acquarello,e studioso di botanica. 
Nato a Roma ma vissuto e morto a Roccacontrada, oggi Arcevia, nelle Marche, a  lui è dedicata una superba pubblicazione edita dalla Aboca di Arezzo: “I discorsi di P.A. Mattioli. L’esemplare dipinto da Gherardo Cibo: eccellenza di arte e scienza del Cinquecento”.
L’opera, in due volumi ed un commentario (misurano 25x35,8 cm.), è un facsimile, di notevole fedeltà tipografica, de “ I discorsi di Pietro Andrea Mattioli …medico cesareo… nelli sel libri di Dioscoride Anazarbeo” edito nel 1568 da Valgrisi (Venezia), e consta di 1728 pagine. Le oltre mille tavole   “a figure grandi” in bianco e nero sono state disegnate da Giorgio Liberale da Udine ed incise dal tedesco Meyerpech.
L’opera del Mattioli, medico e botanico senese (1500-1577) è ritenuta il più importante trattato di botanica e medicina farmacologica dei suoi tempi, tradotta e ristampata fino al XVIII secolo. Una copia di questo volume del 1568 fu miniata e dipinta da Gherardo Cibo, nel 1580, per il duca di Urbino Francesco Maria II della Rovere ed è ora conservata nella Biblioteca Alessandrina di Roma. Da questa copia è stato riprodotto il facsimile dell’Aboca. Una pubblicazione preziosa, dalla magnifica veste tipografica, di elevato valore artistico, in grado di evidenziare i pur minimi particolari e rendere al tatto un’aderenza quasi palpabile con le pagine dell’originale.
Le tavole dipinte dal Cibo sono però il vero gioiello estetico, anche per l’ottima resa dei colori. Un valore aggiunto ad un’opera di per se stessa  già di gran pregio.
 Le elevate qualità pittoriche di Gherardo Cibo, raffinato colorista dalla fervida inventiva, affascina il lettore coinvolgendolo nella visione di paesaggi sospesi tra il reale e il fantastico in cui si possono cogliere precisi rimandi al variegato e dolce paesaggio marchigiano. Composizioni che si connotano per le delicate sfumature cromatiche, per il sapiente uso delle luci ed ombre, per le ricercate velature.


Una pubblicazione questa edita dall’Aboca, particolarmente curata nella forma e  arricchita da saggi  di elevato valore documentario, critico e storico, che lascerà un segno indelebile e duraturo nel  campo dell’editoria di pregio, a livello internazionale.


L'introduzione è di Valentino Mercati con contributi di: Flavia Cristiano, Enrica Lozzi,Duilio Contin, LuciaTongiorgi Tomasi, Giorgio Mangani, Paolo Santini, Piera  Medeghini Bonatti, Ilaria Andreoli, Marco Bresadola.




lunedì 2 marzo 2015

Gita a Cortona con sosta al Borgo Syrah




Cortona

Luca Signorelli

Da tempo volevo visitare Cortona città d’arte della Toscana, sita ai confini con l’Umbria. La scorsa settimana ho accolto con favore  la proposta di alcuni amici per una pur breve visita a questa località, con soggiorno a Borgo Syrah, un resort “del vino”, dei Tenimenti Luigi d’Alessandro, sito a pochi chilometri dalla stessa Cortona. 






 Siamo giunti qui, partendo da Roma, nel primo pomeriggio. Un tiepido sole  filtrava le dense nubi e irradiava, lumeggiando, le dolci colline circostanti, che digradavano sino all'orizzonte. Queste erano  percorse da fitti e regolari filari di viti sonnacchiose, da distese di verdi prati e folta vegetazione. Il borgo era immerso in un silenzio quasi incantato. 







Maestosa e imponente si elevava  la  villa padronale ottocentesca a dominare l’ampio e boscoso parco scandito da suggestivi ornamenti come il gazebo, il laghetto, la serra in vetro con  fontana,  realizzati a colate di cemento con effetto grottesco.  Il tutto ingentilito da sinuose statue bianche d’impianto classicheggiante. 





Accanto alla villa è posta la cantina cuore pulsante del complesso, con le sue botti colme di prezioso nettare. Qui si producono i prestigiosi vini Syrah e Viognier assai ricercati dagli intenditori italiani ed esteri ed è anche possibile seguire i vari processi di vinificazione, dalla vendemmia all’invecchiamento. 




Nell’agriturismo si può soggiornare nelle diverse unità abitative, arredate con cura ed assai confortevoli, ricavate negli edifici storici dell’azienda e sapientemente ristrutturati: la Fattoria, il Frantoio  ed i Magazzini. Da segnalare anche l’Osteria dove è possibile cenare su prenotazione a prezzo fisso gustando prelibati piatti della cucina locale accompagnati da eccellenti vini, tra cui segnalo il pregevole Pepe Rosa Syrah.
 Il resort dispone inoltre di una bella piscina all’aperto e di una funzionale Spa, con vasca termale, una palestra ben attrezzata, sauna, bagno turco e lettini per salutari massaggi.   




Ho soggiornato con mia moglie in un appartamento del frantoio, disposto su due piani. Le stanze erano arredate con gusto, dotate di tutti i servizi  e assai curate nei particolari: nella pulizia, nella biancheria e nella struttura messa a nuovo di recente. L’ambiente era riscaldato a dovere ed assai accattivante, come  il bouquet esaltante dei vini della casa e la cordiale ed ospitale accoglienza dei proprietari. Questi ci hanno pazientemente guidato alla scoperta delle bellezze artistiche, ambientali ed enologiche della loro azienda, facendoci anche ammirare le diverse opere d’arte dislocate all’aperto e al chiuso della proprietà. Vini eccellenti ed opere d’arte, un binomio vincente per un’azienda di qualità.


Il giorno seguente, di buon’ora, siamo partiti per visitare Cortona.  La città domina, distesa sopra una collina rotondeggiante, a circa 500 m. di altezza, l’alta val di Chiana. Le sue origini si perdono nel tempo: già nel 700-600 a. C. fu un’importante città etrusca. Di questo periodo rimangono interessanti testimonianze archeologiche e la possente cinta muraria, del IV secolo a.C., che cinge la città per 3 chilometri. Fu quindi conquistata dai romani e dal XV secolo venne a far parte della Repubblica Fiorentina, seguendone le vicende storiche.
L’impianto urbanistico del centro storico è medievale, con scorci suggestivi di archi, sottarchi e scalinate a gomito. Numerosi sono i palazzi patrizi, di varie epoche, con importanti portali a bugnato, sormontati da stemma gentilizio.
Dal corso principale, si giunge a piazza della Repubblica, il cuore di Cortona, dove  sorgeva l’antico foro della città etrusco romana.


L’imponente medievale Palazzo Comunale, documentato già nel 1236 ma più volte rimaneggiato, domina con l’ampia scalinata la piazza e fronteggia il trecentesco Palazzo del capitano del popolo. Alla sinistra del Palazzo comunale, sopra un grande arco di passaggio alla via sottostante, è posta una lapide celebrativa del grande pittore barocco Pietro Berrettini noto come Pietro da Cortona  (1596- 1669), qui nato. Nella chiesa di S. Chiara è conservata una sua opera giovanile. Altri due grandi artisti hanno avuto i natali nella città: Luca Signorelli (1445 ca.- 1523) considerato tra i maggiori pittori del Rinascimento e il futurista Gino Severini (1883-1966).
Da Piazza della Repubblica si prosegue nella contigua piazza Signorelli delimitata da palazzi medievali pubblici e privati. Da qui si raggiunge la piazzetta del Duomo, uno dei più importanti monumenti della città. 

La facciata è quattrocentesca, ma  presenta diversi elementi architettonici di più antica data. L’interno a tre navate è assai buio e  non consente una buona visione delle opere.
Di particolare bellezza nella navata destra la “Madonna del pianto” una terracotta dipinta di ignoto artista del XIII secolo, l’unica illuminata.



Usciti dal Duomo non si può perdere la visita al Museo diocesano posto di fronte. E’ uno scrigno di tesori d’arte e per  il suo allestimento merita un encomio. La sala del Signorelli, uno dei miei artisti preferiti, presenta due opere autografe di particolare bellezza: “la comunione degli apostoli”e “Cristo deposto dalla croce”.




Anche le altre sei pale d’altare eseguite da suoi allievi,ma in alcune con qualche intervento del maestro, meritano attenzione. Nelle sale attigue primeggiano opere di Pietro Lorenzetti e del Beato Angelico, fra cui la stupenda “Annunciazione”.




Ed ancora le stazioni della via crucis dipinte da Gino Severini e nell’ex oratorio sito nella parte inferiore, una “Pietà” in terracotta dipinta d’impronta robbiana, opera forse dei Buglioni.




  Il tempo tiranno non ci consente di visitare altri monumenti e musei, ma ripercorrendo il corso principale solo qualche piccolo acquisto. Prima di ripartire per Roma un ultimo affaccio, dalla piazzetta murata, sull’ ampia valle sottostante dilatata verso l’orizzonte e lambita dalle dolci acque  del lago Trasimeno, che un timido raggio di sole illumina festosamente.




sabato 14 febbraio 2015

UNA GITA TURISTICO CULTURALE ALLA SCOPERTA DI UN'AFFASCINANTE "UMBRIA MINORE"




Sabato 7 novembre siamo partiti in gruppo da Roma con un confortevole pullman granturismo  alla volta dell’Umbria per trascorrervi un fine settimana ricco di piacevoli emozioni. Il tutto secondo un programma curato nei minimi particolari dal bravo e simpatico  nostro amico organizzatore Rodolfo Castaldo. Anche il tempo che nei giorni precedenti aveva dimostrato la sua inclemenza, con pioggia e neve un po’ ovunque in Italia, sembrava ora volgere al meglio. Una pioggia leggera ci ha accompagnato sino ai confini con l’Umbria,  poi il cielo coperto ha lasciato spazio a squarci di sereno alternati a timidi raggi di sole. Nel mentre, ci appariva imponente e svettante (è alto 46 metri!) il campanile della basilica santuario dell’Amore misericordioso di Collevalenza, nostra prima tappa.




Questo santuario, iniziato a costruire nel 1955 e in pochi anni portato a termine per volontà della suora spagnola madre Speranza beatificata nel 2014 da papa Francesco, rappresenta oggi uno dei più importanti centri di spiritualità frequentato da migliaia di fedeli.  Sul piazzale a sinistra della basilica, per chi la osserva, sono collocate la fonte e le piscine, dove come per Lourdes, si pratica la liturgia delle acque, con bagno dei malati, a conclusione di un iter penitenziale. Dal pozzo scaturisce senza sosta l’acqua che alimenta le piscine e la fontana lì vicina, dove i pellegrini possono berla e approvvigionarsene. Fu madre Speranza stessa che tenacemente fece scavare  il pozzo in quel punto e fino alla profondità di 122 metri  contro il parere di tutti gli esperti che sostenevano non poter esserci l’acqua in quel terreno sassoso. Ma l’acqua sgorgò, come per miracolo, abbondante e continua. L’abbiamo bevuta e raccolta, come atto di fede. Poi tra i silenzi del luogo sacro siamo andati a pregare sulla tomba della beata madre Speranza, nella cripta, e quindi nel santuario del crocifisso. 


Qui sulla parete dell’altare maggiore campeggia imponente un Cristo in croce, opera di buon livello dello scultore spagnolo Coullot Valera. Gesù è rappresentato in tutto il suo fulgore di Uomo Dio che ha vinto la morte e sconfitto il Male, attraverso il sacrificio della croce,  per amore dell’umanità. Un  amore misericordioso che abbraccia tutti gli uomini senza distinzione alcuna, ma che esige amore per il prossimo come risposta all’amore che Egli ha per noi.
Prima di lasciare questa basilica santuario, meritano una visita, sia pure fugace, la mostra dei presepi, vicino la cripta, e la monumentale via crucis all’aperto, nel vasto giardino alberato poco oltre la casa del pellegrino.
Tutto, qui a Collevalenza , è silenzio e spiritualità: un ritrovare se stessi ed il senso della vita, spesso smarriti, alla luce della fede.
Ma è ora di ripartire. Todi ci attende e anche qui le cose da vedere sono molte!




Non si può andare a Todi e non visitare la splendida chiesa di Santa Maria della Consolazione, posta nella parte bassa della cittadina, e già ben visibile da lontano, con la sua cupola grandiosa scandita da doppi pilastri ionici. La chiesa iniziata nel 1508 e terminata solo nel 1607 è a croce greca con quattro absidi. Sull’altare maggiore è posta l’immagine sacra della Maestà, a fresco, il cui culto ha dato avvio alla costruzione dell’edificio sacro. Il tempio, per le sue forme architettoniche perfettamente armoniche ed equilibrate, è stato sin dalla fine del 1500 attribuito al Bramante, ma al riguardo non risultano prove documentarie certe. Usciti da qui, soddisfatti per aver potuto visitare un importante monumento artistico per lungo tempo rimasto chiuso ed ora con orari di apertura alquanto stretti, il buon Rodolfo ci ha guidati verso il centro storico di Todi, utilizzando l’ascensore panoramico gratuito che il Comune ha messo a disposizione dei visitatori. Una iniziativa assai apprezzabile che consente di ammirare il dolce paesaggio umbro che digrada, dilatandosi sempre più all’orizzonte, man mano che si sale.



   Il centro storico di Todi è rimasto medievale ed è di tutto rispetto: con suggestivi scorci di vicoli, di edifici nobili ancora con gli emblemi ed i decori antichi, con i palazzi dei Priori, del Capitano e del Popolo in bella vista ed il maestoso duomo dell’Annunziata del XII-XIV sec., in stile romanico gotico. Tutti ben conservati, come la imponente cinta muraria, i bastioni e le antiche porte di accesso. Abbiamo potuto apprezzare anche la chiesa di S. Fortunato, duecentesca, con il suo portale maggiore quattrocentesco, a sesto acuto, ricamato con colonnine tortili e piccole sculture. La chiesa a tre navate con volte a crociera presenta nella 4° cappella destra un importante affresco di Masolino da Panicale (1432) rappresentante una Madonna con Bambino. Nella cripta è conservata la tomba del noto poeta francescano beato Iacopone da Todi con effige e lapide.






Prima di ripartire abbiamo avuto anche il tempo di fare degli acquisti nei negozi del centro sia di prodotti tipici locali che di vario genere, secondo i gusti e i bisogni di ciascuno.  Ma c’era un altro bisogno da soddisfare: quello della fame e l’ora del desinare era ormai più che giunta.


Sollecitati da Rodolfo, abbiamo raggiunto il pullman diretti all’albergo che ci avrebbe ospitato per il week end: l’hotel Holiday hill di Selvarelle Alte, tra le colline di Todi e di Acquasparta. Un albergo immerso nel verde di un paesaggio boscoso e dolcemente degradante,  confortevole  e accattivante. Una buona cucina tipica, vini generosi, calda accoglienza e Fabrizio, il simpatico proprietario.
Depositati i bagagli nelle stanze, abbiamo raggiunto la vasta sala da pranzo dove ci attendevano piatti della tradizione locale umbra: coratella al sugo, fagioli all’uccelletto, tortellini mantecati al tartufo, involtini ai funghi, il tutto innaffiato con un buon tudertum rosso ( da vitigni sangiovese e merlot).       


Non abbiamo avuto troppo tempo per risposare  perché l’infaticabile Rodolfo ci aveva preparato una sorpresa allettante: la visita di Montecastello di Vibio un piccolo comune in provincia di Perugia dove si trova il più piccolo teatro all’italiana, costruito nel 1808, con 99 posti tra platea e palchi. Qui avremmo assistito all’anteprima della commedia di Edoardo de Filippo, Filumena Marturano, interpretata dalla Compagnia Anta & go.  Il teatro della Concordia è certamente suggestivo: una bomboniera risplendente e con un’ ottima acustica. Ma assai bravi si sono rivelati gli interpreti della commedia. Tutti meritevoli di plauso, ma in particolare i due protagonisti, capaci di rendere in modo efficace e comunicativo i contrastanti stati d’animo dei personaggi edoardiani: Iolanda Zanfrisco, anche regista, Filumena, e Vincenzo di Sarno, Domenico Soriano. Poi nella nostra sorpresa generale, ancora a palcoscenico aperto, la Compagnia ha voluto concludere la serata con un repertorio di canzoni napoletane cantate dal nostro valente organizzatore.  Rodolfo si è esibito con la solita bravura, accompagnandosi con la chitarra e coinvolgendo nella coralità partecipativa, con il suo temperamento cordiale e  travolgente, non solo gli attori ma tutto il pubblico. Una festa nella festa e una serata da non dimenticare.


Era buio fondo e l’ora della cena. Ma la giornata non era ancora finita! Tornati in albergo infatti ci attendeva un ben organizzato veglione di carnevale con tanta gente, musica dal vivo, maschere, cotillon, balli moderni e tradizionali ed un piacevole declinare di cibi, vini, frappe e castagnole. Le ore piccole ci hanno colto ancora tra balli e canti, esausti e divertiti, ma il sonno poi l’ha fatta da padrone.   


Il giorno seguente, domenica, dopo una veloce colazione Rodolfo ci ha guidato alla scoperta di Bevagna, l’antica Mevania, municipio romano  di cui ancora conserva interessanti testimonianze, come tratti del teatro, del foro e di templi, inseriti per lo più nel tessuto urbano medievale.  La cittadina interessata da un turismo prevalentemente di passaggio, va elogiata per la sua ordinata manutenzione di palazzi, chiese e monumenti, e perché cerca di mantenere viva  anche una tradizione di antichi mestieri. 


La storica cartiera, in cui il maestro Proietti lavora con tecniche medievali carta artigianale, merita sicuramente una visita. In bella vista, al piano terreno la grande ruota in legno che, mossa un tempo dall’acqua, consente all’ingranaggio collegato la battitura degli stracci per ridurli in poltiglia e quindi avviare il processo di macerazione e preparazione della carta. Abbiamo visitato anche la chiesa intitolata a S. Francesco, eretta verso la fine del 1200 in forme romaniche dai frati francescani e ridotta in stile barocchetto attorno al 1750. 


 Oltre ad alcuni antichi affreschi recuperati, di particolare interesse mi sono subito apparsi  gli altari ed i relativi stucchi presenti nelle diverse cappelle, per la loro consonanza stilistica con i lavori di uno scultore stuccatore genovese, Lorenzo Bossi, attivo in Abruzzo e nelle Marche, di cui recentemente avevo scritto in un mio articolo.  Anche qui ho apprezzato la sua abilità tecnica nella resa plastica delle figure e la sua capacità rappresentativa di disegnare altari tra loro sempre diversi ma uniformi  per stile e cifra identificativa. Un artista, ancora sconosciuto, che va decisamente recuperato dall’oblio dei dimenticati.


Il dolce paesaggio umbro ci ha ancora accompagnato nel ritorno all’albergo, questa volta con un sole splendente che illuminava le tondeggianti, lievi e rilucenti colline. Punteggiate da ville, casolari, monasteri. Segnate da campi arati, verdi uliveti, e vigneti ancora brulli ed assonnati. Percorse da rivi ora impetuosi, lambiti da radi ed esili alberelli, ora da più folta vegetazione. Una sensazione di piacevole pace e di benessere contemplativo.

Dopo un  buon pranzo a base di risotto al radicchio, tagliatelle al cinghiale e arrosto misto, abbiamo raccolto i nostri bagagli e, lasciato l’albergo, abbiamo raggiunto la vicina Acquasparta per assistere alla sfilata dei carri allegorici allestiti per il carnevale.  Paese in festa,  maschere  e festoni, bancarelle, giochi e tanti bambini gioiosi.  




I carri con scene e personaggi d’attualità in carta pesta colorata, accompagnati da giovani in costumi variopinti  sono sfilati lungo il corso principale, chiassosi, allegri e imponenti tra ali di gente, musica, grida e batter di mani.  Uno spettacolo allegro e piacevole.
Il crepuscolo stava diventando sera ed era ora di ripartire per Roma.



La via del ritorno è sempre però un po’ velata di melanconia per ciò che si lascia: luoghi vissuti e persone conosciute, come i compagni di viaggio con cui abbiamo condiviso gioiosamente e spensieratamente una gita di fine settimana. E un pensiero di ringraziamento va al nostro bravo organizzatore Rodolfo nell’attesa di una nuova gita.      
                

mercoledì 11 febbraio 2015

LORENZO BOSSI A BEVAGNA (UMBRIA), DA PIETRANICO A ROCCACONTRADA: alla scoperta di un itinerario artistico di un bravo scultore e stuccatore genovese del 1700





In una recente gita a Bevagna in Umbria, Fortuna ha voluto che entrassi casualmente nella chiesa di S. Francesco posta nel centro storico del paese. Eretta verso la fine del 1200 in forme romaniche dai frati francescani  fu dagli stessi ridotta in stile barocchetto attorno al 1750. Oltre ad alcuni antichi affreschi recuperati, di particolare interesse mi sono subito apparsi  gli altari ed i relativi stucchi presenti nelle diverse cappelle, per la loro consonanza stilistica con i lavori di uno scultore stuccatore genovese, Lorenzo Bossi, attivo in Abruzzo e nelle Marche, di cui qualche giorno prima avevo scritto in un mio articolo (vedi in questo blog alla data 6 febbraio 2015).

Di questo artista non abbiamo molte notizie.  Sappiamo che nel 1722 era intento ad eseguire un altare con decorazioni per la chiesa parrocchiale di Pietranico, in Abruzzo.  Opera questa disfatta in occasione del rifacimento dell’edificio sacro attorno al 1930. In quella circostanza venne trovato nell’altare un biglietto autografo del Bossi in cui nel dichiararsi originario di Genova ma residente nello stato di Milano segnalava la presenza di un tesoro nascosto nelle vicinanze. 


                                    

Di lui non abbiamo notizie fino agli anni 1744-45 quando lo ritroviamo attivo a Roccacontrada (Arcevia) nelle Marche, quale sopraintendente ai lavori di ristrutturazione e di riduzione in stile barocchetto della romanica chiesa di S. Francesco dei minori conventuali, colpita dal terremoto del 1741.
Come già abbiamo detto nel nostro precedente articolo, Bossi eseguì nella chiesa tutti gli altari, le otto grandi statue di personaggi storici poste in apposite nicchie, le piccole scene di contenuto biblico sulla cantoria e nell’abside  la grande rappresentazione di S. Gregorio in estasi dinanzi a Cristo crocifisso. 
Per la ristrutturazione e decorazione della chiesa di S. Francesco, Lorenzo Bossi fu particolarmente apprezzato in Roccacontrada tanto da avere diverse altre commissioni: alcuni altari nella chiesa di S. Maria degli agostiniani, statue delle principali virtù nella nuova sala del palazzo priorale, ed ancora statue nel palazzo già Franceschini.  Lorenzo Bossi si trattenne a Roccacontrada diversi anni per eseguire questi lavori e forse altri andati perduti.








La sua presenza ora viene attestata a Bevagna in Umbria, nella chiesa di S. Francesco, come riconosciuto autore di alcuni altari, realizzati su commissione dei frati francescani. Ed abbiamo ancora una ristrutturazione e riduzione in forme barocche di un edificio sacro, riferite attorno al 1750.



Non sappiamo se anche in questo caso, come per Roccacontrada, Bossi sia stato il sopraintendente dei lavori o abbia eseguito solo gli altari. Ora però sappiamo che da  Roccacontrada giunse qui a Bevagna per onorare delle commissioni ricevute. E così abbiamo ricomposto un altro tassello della sua vita operosa ed itinerante.
Anche in S. Francesco di Bevagna  Bossi si fa apprezzare per la sua abilità tecnica nella resa plastica delle figure, per la sua inventiva decorativa e per la sua capacità di realizzare imponenti altari, d’impronta barocca e di ispirazione classica, tra loro sempre diversi, ma uniformi  per stile e cifra identificativa.
E per meglio affermare la propria paternità sulle opere, l’artista vi appone (come in quelle arceviesi) un elemento ulteriore, ricorrente e costante: la rappresentazione di tre testine d’angelo, a triangolo, sulla parte alta dell’altare.











Lorenzo Bossi credo che abbia operato in altre chiese di Bevagna  ed anche nei comuni vicini. Credo anche che da Pietranico d’Abruzzo prima di giungere a Roccacontrada nelle Marche, dopo circa 22 anni, possa aver lavorato in chiese e palazzi del Regno di Napoli, di cui l’Abruzzo allora faceva parte, e in diverse altre località dello Stato della Chiesa. Non ci risultano ad oggi studi su questo artista. 
L’auspicio è che si voglia cogliere occasione da questi due miei scritti per avviare ricerche più approfondite volte a meglio conoscere Lorenzo Bossi, uno scultore, stuccatore non del tutto secondario nel panorama artistico del Settecento italiano.