sabato 14 febbraio 2015

UNA GITA TURISTICO CULTURALE ALLA SCOPERTA DI UN'AFFASCINANTE "UMBRIA MINORE"




Sabato 7 novembre siamo partiti in gruppo da Roma con un confortevole pullman granturismo  alla volta dell’Umbria per trascorrervi un fine settimana ricco di piacevoli emozioni. Il tutto secondo un programma curato nei minimi particolari dal bravo e simpatico  nostro amico organizzatore Rodolfo Castaldo. Anche il tempo che nei giorni precedenti aveva dimostrato la sua inclemenza, con pioggia e neve un po’ ovunque in Italia, sembrava ora volgere al meglio. Una pioggia leggera ci ha accompagnato sino ai confini con l’Umbria,  poi il cielo coperto ha lasciato spazio a squarci di sereno alternati a timidi raggi di sole. Nel mentre, ci appariva imponente e svettante (è alto 46 metri!) il campanile della basilica santuario dell’Amore misericordioso di Collevalenza, nostra prima tappa.




Questo santuario, iniziato a costruire nel 1955 e in pochi anni portato a termine per volontà della suora spagnola madre Speranza beatificata nel 2014 da papa Francesco, rappresenta oggi uno dei più importanti centri di spiritualità frequentato da migliaia di fedeli.  Sul piazzale a sinistra della basilica, per chi la osserva, sono collocate la fonte e le piscine, dove come per Lourdes, si pratica la liturgia delle acque, con bagno dei malati, a conclusione di un iter penitenziale. Dal pozzo scaturisce senza sosta l’acqua che alimenta le piscine e la fontana lì vicina, dove i pellegrini possono berla e approvvigionarsene. Fu madre Speranza stessa che tenacemente fece scavare  il pozzo in quel punto e fino alla profondità di 122 metri  contro il parere di tutti gli esperti che sostenevano non poter esserci l’acqua in quel terreno sassoso. Ma l’acqua sgorgò, come per miracolo, abbondante e continua. L’abbiamo bevuta e raccolta, come atto di fede. Poi tra i silenzi del luogo sacro siamo andati a pregare sulla tomba della beata madre Speranza, nella cripta, e quindi nel santuario del crocifisso. 


Qui sulla parete dell’altare maggiore campeggia imponente un Cristo in croce, opera di buon livello dello scultore spagnolo Coullot Valera. Gesù è rappresentato in tutto il suo fulgore di Uomo Dio che ha vinto la morte e sconfitto il Male, attraverso il sacrificio della croce,  per amore dell’umanità. Un  amore misericordioso che abbraccia tutti gli uomini senza distinzione alcuna, ma che esige amore per il prossimo come risposta all’amore che Egli ha per noi.
Prima di lasciare questa basilica santuario, meritano una visita, sia pure fugace, la mostra dei presepi, vicino la cripta, e la monumentale via crucis all’aperto, nel vasto giardino alberato poco oltre la casa del pellegrino.
Tutto, qui a Collevalenza , è silenzio e spiritualità: un ritrovare se stessi ed il senso della vita, spesso smarriti, alla luce della fede.
Ma è ora di ripartire. Todi ci attende e anche qui le cose da vedere sono molte!




Non si può andare a Todi e non visitare la splendida chiesa di Santa Maria della Consolazione, posta nella parte bassa della cittadina, e già ben visibile da lontano, con la sua cupola grandiosa scandita da doppi pilastri ionici. La chiesa iniziata nel 1508 e terminata solo nel 1607 è a croce greca con quattro absidi. Sull’altare maggiore è posta l’immagine sacra della Maestà, a fresco, il cui culto ha dato avvio alla costruzione dell’edificio sacro. Il tempio, per le sue forme architettoniche perfettamente armoniche ed equilibrate, è stato sin dalla fine del 1500 attribuito al Bramante, ma al riguardo non risultano prove documentarie certe. Usciti da qui, soddisfatti per aver potuto visitare un importante monumento artistico per lungo tempo rimasto chiuso ed ora con orari di apertura alquanto stretti, il buon Rodolfo ci ha guidati verso il centro storico di Todi, utilizzando l’ascensore panoramico gratuito che il Comune ha messo a disposizione dei visitatori. Una iniziativa assai apprezzabile che consente di ammirare il dolce paesaggio umbro che digrada, dilatandosi sempre più all’orizzonte, man mano che si sale.



   Il centro storico di Todi è rimasto medievale ed è di tutto rispetto: con suggestivi scorci di vicoli, di edifici nobili ancora con gli emblemi ed i decori antichi, con i palazzi dei Priori, del Capitano e del Popolo in bella vista ed il maestoso duomo dell’Annunziata del XII-XIV sec., in stile romanico gotico. Tutti ben conservati, come la imponente cinta muraria, i bastioni e le antiche porte di accesso. Abbiamo potuto apprezzare anche la chiesa di S. Fortunato, duecentesca, con il suo portale maggiore quattrocentesco, a sesto acuto, ricamato con colonnine tortili e piccole sculture. La chiesa a tre navate con volte a crociera presenta nella 4° cappella destra un importante affresco di Masolino da Panicale (1432) rappresentante una Madonna con Bambino. Nella cripta è conservata la tomba del noto poeta francescano beato Iacopone da Todi con effige e lapide.






Prima di ripartire abbiamo avuto anche il tempo di fare degli acquisti nei negozi del centro sia di prodotti tipici locali che di vario genere, secondo i gusti e i bisogni di ciascuno.  Ma c’era un altro bisogno da soddisfare: quello della fame e l’ora del desinare era ormai più che giunta.


Sollecitati da Rodolfo, abbiamo raggiunto il pullman diretti all’albergo che ci avrebbe ospitato per il week end: l’hotel Holiday hill di Selvarelle Alte, tra le colline di Todi e di Acquasparta. Un albergo immerso nel verde di un paesaggio boscoso e dolcemente degradante,  confortevole  e accattivante. Una buona cucina tipica, vini generosi, calda accoglienza e Fabrizio, il simpatico proprietario.
Depositati i bagagli nelle stanze, abbiamo raggiunto la vasta sala da pranzo dove ci attendevano piatti della tradizione locale umbra: coratella al sugo, fagioli all’uccelletto, tortellini mantecati al tartufo, involtini ai funghi, il tutto innaffiato con un buon tudertum rosso ( da vitigni sangiovese e merlot).       


Non abbiamo avuto troppo tempo per risposare  perché l’infaticabile Rodolfo ci aveva preparato una sorpresa allettante: la visita di Montecastello di Vibio un piccolo comune in provincia di Perugia dove si trova il più piccolo teatro all’italiana, costruito nel 1808, con 99 posti tra platea e palchi. Qui avremmo assistito all’anteprima della commedia di Edoardo de Filippo, Filumena Marturano, interpretata dalla Compagnia Anta & go.  Il teatro della Concordia è certamente suggestivo: una bomboniera risplendente e con un’ ottima acustica. Ma assai bravi si sono rivelati gli interpreti della commedia. Tutti meritevoli di plauso, ma in particolare i due protagonisti, capaci di rendere in modo efficace e comunicativo i contrastanti stati d’animo dei personaggi edoardiani: Iolanda Zanfrisco, anche regista, Filumena, e Vincenzo di Sarno, Domenico Soriano. Poi nella nostra sorpresa generale, ancora a palcoscenico aperto, la Compagnia ha voluto concludere la serata con un repertorio di canzoni napoletane cantate dal nostro valente organizzatore.  Rodolfo si è esibito con la solita bravura, accompagnandosi con la chitarra e coinvolgendo nella coralità partecipativa, con il suo temperamento cordiale e  travolgente, non solo gli attori ma tutto il pubblico. Una festa nella festa e una serata da non dimenticare.


Era buio fondo e l’ora della cena. Ma la giornata non era ancora finita! Tornati in albergo infatti ci attendeva un ben organizzato veglione di carnevale con tanta gente, musica dal vivo, maschere, cotillon, balli moderni e tradizionali ed un piacevole declinare di cibi, vini, frappe e castagnole. Le ore piccole ci hanno colto ancora tra balli e canti, esausti e divertiti, ma il sonno poi l’ha fatta da padrone.   


Il giorno seguente, domenica, dopo una veloce colazione Rodolfo ci ha guidato alla scoperta di Bevagna, l’antica Mevania, municipio romano  di cui ancora conserva interessanti testimonianze, come tratti del teatro, del foro e di templi, inseriti per lo più nel tessuto urbano medievale.  La cittadina interessata da un turismo prevalentemente di passaggio, va elogiata per la sua ordinata manutenzione di palazzi, chiese e monumenti, e perché cerca di mantenere viva  anche una tradizione di antichi mestieri. 


La storica cartiera, in cui il maestro Proietti lavora con tecniche medievali carta artigianale, merita sicuramente una visita. In bella vista, al piano terreno la grande ruota in legno che, mossa un tempo dall’acqua, consente all’ingranaggio collegato la battitura degli stracci per ridurli in poltiglia e quindi avviare il processo di macerazione e preparazione della carta. Abbiamo visitato anche la chiesa intitolata a S. Francesco, eretta verso la fine del 1200 in forme romaniche dai frati francescani e ridotta in stile barocchetto attorno al 1750. 


 Oltre ad alcuni antichi affreschi recuperati, di particolare interesse mi sono subito apparsi  gli altari ed i relativi stucchi presenti nelle diverse cappelle, per la loro consonanza stilistica con i lavori di uno scultore stuccatore genovese, Lorenzo Bossi, attivo in Abruzzo e nelle Marche, di cui recentemente avevo scritto in un mio articolo.  Anche qui ho apprezzato la sua abilità tecnica nella resa plastica delle figure e la sua capacità rappresentativa di disegnare altari tra loro sempre diversi ma uniformi  per stile e cifra identificativa. Un artista, ancora sconosciuto, che va decisamente recuperato dall’oblio dei dimenticati.


Il dolce paesaggio umbro ci ha ancora accompagnato nel ritorno all’albergo, questa volta con un sole splendente che illuminava le tondeggianti, lievi e rilucenti colline. Punteggiate da ville, casolari, monasteri. Segnate da campi arati, verdi uliveti, e vigneti ancora brulli ed assonnati. Percorse da rivi ora impetuosi, lambiti da radi ed esili alberelli, ora da più folta vegetazione. Una sensazione di piacevole pace e di benessere contemplativo.

Dopo un  buon pranzo a base di risotto al radicchio, tagliatelle al cinghiale e arrosto misto, abbiamo raccolto i nostri bagagli e, lasciato l’albergo, abbiamo raggiunto la vicina Acquasparta per assistere alla sfilata dei carri allegorici allestiti per il carnevale.  Paese in festa,  maschere  e festoni, bancarelle, giochi e tanti bambini gioiosi.  




I carri con scene e personaggi d’attualità in carta pesta colorata, accompagnati da giovani in costumi variopinti  sono sfilati lungo il corso principale, chiassosi, allegri e imponenti tra ali di gente, musica, grida e batter di mani.  Uno spettacolo allegro e piacevole.
Il crepuscolo stava diventando sera ed era ora di ripartire per Roma.



La via del ritorno è sempre però un po’ velata di melanconia per ciò che si lascia: luoghi vissuti e persone conosciute, come i compagni di viaggio con cui abbiamo condiviso gioiosamente e spensieratamente una gita di fine settimana. E un pensiero di ringraziamento va al nostro bravo organizzatore Rodolfo nell’attesa di una nuova gita.      
                

mercoledì 11 febbraio 2015

LORENZO BOSSI A BEVAGNA (UMBRIA), DA PIETRANICO A ROCCACONTRADA: alla scoperta di un itinerario artistico di un bravo scultore e stuccatore genovese del 1700





In una recente gita a Bevagna in Umbria, Fortuna ha voluto che entrassi casualmente nella chiesa di S. Francesco posta nel centro storico del paese. Eretta verso la fine del 1200 in forme romaniche dai frati francescani  fu dagli stessi ridotta in stile barocchetto attorno al 1750. Oltre ad alcuni antichi affreschi recuperati, di particolare interesse mi sono subito apparsi  gli altari ed i relativi stucchi presenti nelle diverse cappelle, per la loro consonanza stilistica con i lavori di uno scultore stuccatore genovese, Lorenzo Bossi, attivo in Abruzzo e nelle Marche, di cui qualche giorno prima avevo scritto in un mio articolo (vedi in questo blog alla data 6 febbraio 2015).

Di questo artista non abbiamo molte notizie.  Sappiamo che nel 1722 era intento ad eseguire un altare con decorazioni per la chiesa parrocchiale di Pietranico, in Abruzzo.  Opera questa disfatta in occasione del rifacimento dell’edificio sacro attorno al 1930. In quella circostanza venne trovato nell’altare un biglietto autografo del Bossi in cui nel dichiararsi originario di Genova ma residente nello stato di Milano segnalava la presenza di un tesoro nascosto nelle vicinanze. 


                                    

Di lui non abbiamo notizie fino agli anni 1744-45 quando lo ritroviamo attivo a Roccacontrada (Arcevia) nelle Marche, quale sopraintendente ai lavori di ristrutturazione e di riduzione in stile barocchetto della romanica chiesa di S. Francesco dei minori conventuali, colpita dal terremoto del 1741.
Come già abbiamo detto nel nostro precedente articolo, Bossi eseguì nella chiesa tutti gli altari, le otto grandi statue di personaggi storici poste in apposite nicchie, le piccole scene di contenuto biblico sulla cantoria e nell’abside  la grande rappresentazione di S. Gregorio in estasi dinanzi a Cristo crocifisso. 
Per la ristrutturazione e decorazione della chiesa di S. Francesco, Lorenzo Bossi fu particolarmente apprezzato in Roccacontrada tanto da avere diverse altre commissioni: alcuni altari nella chiesa di S. Maria degli agostiniani, statue delle principali virtù nella nuova sala del palazzo priorale, ed ancora statue nel palazzo già Franceschini.  Lorenzo Bossi si trattenne a Roccacontrada diversi anni per eseguire questi lavori e forse altri andati perduti.








La sua presenza ora viene attestata a Bevagna in Umbria, nella chiesa di S. Francesco, come riconosciuto autore di alcuni altari, realizzati su commissione dei frati francescani. Ed abbiamo ancora una ristrutturazione e riduzione in forme barocche di un edificio sacro, riferite attorno al 1750.



Non sappiamo se anche in questo caso, come per Roccacontrada, Bossi sia stato il sopraintendente dei lavori o abbia eseguito solo gli altari. Ora però sappiamo che da  Roccacontrada giunse qui a Bevagna per onorare delle commissioni ricevute. E così abbiamo ricomposto un altro tassello della sua vita operosa ed itinerante.
Anche in S. Francesco di Bevagna  Bossi si fa apprezzare per la sua abilità tecnica nella resa plastica delle figure, per la sua inventiva decorativa e per la sua capacità di realizzare imponenti altari, d’impronta barocca e di ispirazione classica, tra loro sempre diversi, ma uniformi  per stile e cifra identificativa.
E per meglio affermare la propria paternità sulle opere, l’artista vi appone (come in quelle arceviesi) un elemento ulteriore, ricorrente e costante: la rappresentazione di tre testine d’angelo, a triangolo, sulla parte alta dell’altare.











Lorenzo Bossi credo che abbia operato in altre chiese di Bevagna  ed anche nei comuni vicini. Credo anche che da Pietranico d’Abruzzo prima di giungere a Roccacontrada nelle Marche, dopo circa 22 anni, possa aver lavorato in chiese e palazzi del Regno di Napoli, di cui l’Abruzzo allora faceva parte, e in diverse altre località dello Stato della Chiesa. Non ci risultano ad oggi studi su questo artista. 
L’auspicio è che si voglia cogliere occasione da questi due miei scritti per avviare ricerche più approfondite volte a meglio conoscere Lorenzo Bossi, uno scultore, stuccatore non del tutto secondario nel panorama artistico del Settecento italiano.   

venerdì 6 febbraio 2015

IL TESORO DI PIETRANICO E LO SCULTORE LORENZO BOSSI



                                            Pietranico e sullo sfondo la Maiella

Pietranico e Bossi sono entrambi, oggi (come ieri), due nomi semisconosciuti: l’uno è un paesino di circa 500 abitanti posto a 600 metri in provincia di Pescara e l’altro uno scultore stuccatore settecentesco di origine genovese.

Nel 1932 quando la chiesa parrocchiale del paese venne smantellata per ricostruirne una più grande, intitolata a San Michele e Santa Giusta, fu rinvenuto nell’altare maggiore un biglietto scritto dal suo autore, il menzionato Bossi, nel quale questi segnalava l’esistenza di un tesoro nascosto nelle vicinanze della chiesa.


       
                                                       l'altare maggiore in una foto del 1925

Questo evento dette una certa notorietà a Pietranico verso la metà degli anni Trenta del XX secolo, scomodando il noto giornalista scrittore Orio Vergani che si recò in questa località e pubblicò sul Corriere della sera del 2 dicembre 1932 un articolo dal titolo “Mattinata alla cerca del tesoro”.  Ne riportiamo alcuni stralci significativi.


“(…) Pescara, San Giovanni Teatino, Chieti, Bivio di Manoppello, San Valentino­, Caramanico, Piano d'Orta, Torre de' Passeri, questo è l'itinerario per andare a cercare il tesoro di Pietranico (…)

E' un milanese, uno dei tanti milanesi d'adozione, - ce n'erano anche allora, -che dopo due secoli, ha fatto parlare del tesoro di Pietranico. Venne quassù, nel 1722, Lorenzo Bossi a costruire il nuovo altare della chiesetta parrocchiale di Pietranico, tirata su con le pietre di un vecchio castello diroccato. Fece tutto il suo lavoro secondo le regole d'arte del tempo, con le sue cornici a stucco, le colonne policrome a tortiglione, l'architrave barocco. Certo passò quassù qualche mese, tra questa gente semplice, cordiale e ospitale di contadini e pastori. Respirò l'aria fine d’Abruzzo, guardò il profilo azzurro della Majella, mangiò la «scamorza» o il capretto arrosolato sugli spiedi rusticani. Poi se ne andò, verso altre chiese, verso altri altari. Il suo nome era stato dimenticato, dimenticatissimo. Duecentodieci anni erano passati. Anche a Pietranico si ha bisogno di qualche novità e si scoprì, un giorno, che la vecchia chiesa doveva essere rifatta. Occorreva darle una facciata, con una porta che si aprisse sulla piazzetta e non sull'antico vicolo abbandonato, dove adesso si ammucchiano le fascine e razzolano i polli. Vennero i muratori, incominciarono a lavorare. Portati via le immagini sacre, il confessionale, una statua di terracotta, i pochi arredi, i gonfaloni, il cataletto, su cui in due secoli, son passati tutti i morti del paese, si è dato mano ad abbattere l'altare maggiore, perché lì si dovrà aprire la porta della nuova facciata.

Levata la pietra sacra, da una connessura è venuto fuori un pezzo di carta, ingiallatissimo, scritto da una vecchissima calligrafia ancora leggibile. Scriveva, nel 1722, Lorenzo Bossi:


questo altare fu fatto da me Lorenzo Bossi, genovese, abitante in Stato di Milano, l'anno 1722. E acciò sia di quachiuno la fortuna vi dico che dietro questa chiesa vi è una pietra grossa sotto la quale vi è un ripostino di che sarà di chi caverà tutta detta. pietra, la quale sta poco sotto terra, cavate che ne troverete il fondo e detta sol pietra vi basterà per fabbricarvi una casa se avrete denari. Chi ti legge  scaverà denaro, non mi dite male.


(…) Feudatari non ce ne sono stati, da queste parti. «Siamo sempre stati pastori e contadini» rispondono gli abitanti. Di monaci danarosi non si è mai sentito parlare. Di briganti nemmeno. Eppure del tesoro si è sempre parlato. Si indica, anzi, il posto preciso. In una delle pietre del campanile, un rozzo intaglio disegna qualcosa che assomiglia a un pettine. “Lì, sta - dice il valletto comunale - Lì, sotto lo segno dello spicciatore .Spicciatore, a Pietranico, è il nome del pettine. Il segno è chiaro. Tutta Pietranico, da secoli, sa cosa sta ad indicare. Anche Lorenzo Bossi, stuccatore, doveva averne sentito parlare. Ma, coi secoli, i cittadini hanno perduto la fede nel loro tesoro. Son filosofi. “Un tempo - dice uno anche mille lire erano un tesoro. Oggi ce ne verrebbe una lira a testa, perché il segreto è di nessuno, o meglio, è di tutto il paese. Vale la pena di buttar giù il campanile?”

(…)- “Quanto durerebbero i soldi, caro signore? Siamo in troppi, perché il tesoro, se c'è, possa arricchirci. Invece un campanile nuovo, un pò più alto, con una campana nuova si farebbe vedere e sentire per tutta la valle della Pescara, fino a Torre dei Passeri, a Caramanico  Si vive fuori del mondo. Qualcuno si ricorderebbe di noi... Una voce di campana parlerebbe alla vallata d'Abruzzo dal paesello romito”.

Al breve tinnio dell'oro, preferirebbero lo squillo lungo del bronzo. Cara gente, si può dar loro torto? Si parte per cercare un tesoro, e si trova l'amore e l'orgoglio per il paese nativo.

Dolce amore di campanile, così bello quando è bello, abbiamo trovato soltanto lui, sotto il segno dello spacciatore”. Orio Vergani.


Il tesoro di Pietranico non si è mai trovato! E forse il biglietto scritto da Lorenzo Bossi, che evidentemente conosceva questa credenza popolare locale,  va inteso come una burla per i paesani  che un giorno avessero deciso di  disfare il suo altare!


                                                        Arcevia nelle Marche, panorama


Nello stesso 1722,  molto probabilmente, Lorenzo Bossi partì da Pietranico e di lui non si hanno ad oggi più notizie fino agli anni 1744-45 quando lo ritroviamo attivo a Roccacontrada (Arcevia) nelle Marche, quale sopraintendente ai lavori di ristrutturazione e di riduzione in stile barocchetto della romanica chiesa di S. Francesco dei minori conventuali. Anche questa chiesa, come altri fabbricati, aveva subito gravi danni a seguito del  forte terremoto dell’aprile del 1741 che colpì questa località.  Lorenzo Bossi  eseguì nella chiesa anche le otto statue di personaggi storici poste in apposite nicchie con iscrizione esplicativa, gli altari laterali e le relative decorazioni, nonché le piccole scenette di contenuto biblico rappresentate  sulla cantoria. Nell’abside è sua la grande rappresentazione di S. Gregorio in estasi dinanzi a Cristo crocifisso (legno h.160 cm.), opera di particolare effetto scenografico.  
   





Il Bossi esprime al meglio, in S. Francesco, le sue qualità artistiche di valido plasticatore e decoratore,  facendosi anche apprezzare come ideatore del progetto di ristrutturazione della vecchia chiesa, realizzando un impianto barocco armonico ed essenziale.

Committente dei lavori fu il padre guardiano Serafino Pagni, letterato e cultore di storia locale, che fu trasferito nella seconda metà del 1747 a Roma, nel convento dei Dodici Apostoli, di cui fu anche presidente e dove morì nel 1767. Si può ritenere che la  decorazione interna della chiesa fosse compiuta entro il 1746, anno in cui si stava anche mettendo in opera il pavimento.

Lorenzo Bossi fu artista assai apprezzato in Roccacontrada per il suo intervento in S. Francesco e qui ebbe ancora diverse ed importanti commissioni.

Nella chiesa di S. Maria, degli agostiniani, anch’essa colpita dal sisma, portò a termine nel 1745 l’altare di S. Anna per volere di Filippo Filippini, un notabile rocchense. ‘E però da ritenere che il Bossi abbia qui eseguito anche altri altari per uniformità di tecnica e stile con sue opere consimili.

                                                                        S. Maria

 In occasione poi del rifacimento del teatro comunale Misa, negli anni 1752- 1755, secondo quanto ci fa sapere Giovanni Crocioni, Lorenzo Bossi decorò la limitrofa nuova sala prioralecon le immagini rilevate delle principali virtù” e specialmente con alcune figure “in biasimo dell’ozio ed in esaltazione delle virtù”.  Opere queste andate perdute nell’ottocentesco rifacimento del teatro.

A questo artista vanno infine assegnate, per stile e tecnica, alcune statue ancora oggi esistenti nel palazzo, ristrutturato nel XVIII sec., già della famiglia Franceschini, in Arcevia.




                                                     
Il Bossi si trattenne in Roccacontrada oggi Arcevia diversi anni e lasciò qui diverse sue opere. Di lui però non si hanno altre notizie.


Forse anche negli altari arceviesi ci ha lasciato, come in Pietranico un biglietto a memoria del suo passaggio e della sua esistenza come artista. Un biglietto che però non ha più bisogno di riportare la mappa di un tesoro nascosto per suscitare interesse e notorietà. In questo caso infatti il tesoro è rappresentato dalle opere che ci ha lasciato e che dobbiamo conservare a testimonianza di un artista che nel suo peregrinare ha mantenuto fermo il suo credo di vivere d’arte e per l’arte.
                                                                                       
                                                                                                         Paolo Santini

Bibliografia rif. Arcevia, opere di P. Santini:  Arcevia. Nuovo itinerario nella Storia e nell’Arte (2005) pp. 153, 193, 280, 281, 289, 291, 293;  Studi Arceviesi, 2, p. 72; Studi Arceviesi, 6, p. 113