giovedì 5 giugno 2014

IL CASO DELLA NATIVITA' ATTRIBUITA A BERNARDO STROZZI, CONSERVATA IN ARCEVIA, NELLA PARROCCHIALE DI S. MEDARDO


In occasione della pubblicazione, nel 2009° a cura dello scrivente, del volume “Sito ed origine di Roccacontrada” (oggi Arcevia), opera storica manoscritta del 1636  di mons. Lelio Tasti, avevo rintracciato tra le carte inesplorate di questa illustre famiglia arceviese alcuni importanti documenti che attribuivano al famoso pittore genovese Bernardo Strozzi il quadro della “Natività” conservato nella locale parrocchiale di S. Medardo, ed appartenuto a mons. Lelio. 
Le carte della famiglia Tasti sono conservate nell’archivio storico arceviese. Tra queste vi è un fascicoletto intitolato “ Memorie diverse” dove sono raccolti alcuni fogli sciolti di varia datazione.
Tra i documenti più antichi troviamo, risalente alla metà del XVII sec., una “fede della stima de’ mobili fatta da più persone” come scritto nel retro del foglio. Cioè una valutazione, fatta da un pittore e scritta da un Tasti (forse Emilio di Alfonso), di quadri ed oggetti d’arte di valore, esistenti in questo avito palazzo arceviese.  Questo documento è di particolare importanza perché tra i quadri indicati genericamente ne menziona uno, già allora valutato 100 scudi, di cui fornisce notizie dettagliate:
 “ Una Natività nella prima stanza delle Case nuove la quale dico haver  inteso dire 40 anni sono fusse donata da un Cappuccino Pittore al Sig. Abbate Lelio Tasti, sc. 100”.
L’indicazione, così precisa, che il quadro fu donato 40 anni prima da un pittore frate cappuccino all’abate Lelio ci consente di riferire il documento agli anni 1654-1658 e ritenerlo redatto da Emilio o da suo fratello l’abate Silvio, figli di Alfonso, fratello di mons. Lelio. Questi infatti  fu  chiamato a Genova dall’arcivescovo di quella città, cardinale Spinola, come suo vicario generale, dal 1614 alla fine del 1618. In quegli anni per il delicato ed importante ruolo che svolgeva ebbe modo di conoscere il  pittore Bernardo Strozzi, frate cappuccino. A Bernardo, infatti, dopo la morte del padre, nel 1608,  fu concesso di abbandonare temporaneamente l’ordine,  rimanendo però sacerdote, per mantenere la sua famiglia con l’attività di pittore. E certamente l’abate Tasti negli anni della sua permanenza a Genova  intervenne in suo favore o comunque gli fornì una qualche forma di protezione o di aiuto, se lo Strozzi si sentì in dovere di donargli una Natività.
Nelle menzionate “memorie diverse” della famiglia Tasti troviamo un altro documento, datato  26 gennaio 1772, attinente alla nostra “Natività”. ‘E una copia di una dichiarazione rilasciata da alcuni notabili arceviesi, primo firmatario dei quali è il sig. Nicola Fossi, nella quale si riconosce alla nobile famiglia Tasti di Rocca Contrada di possedere un’abitazione signorile ben arredata con mobili e quadri. E fra questi si segnala in particolare un Presepe “ di pennello eccellente del rinomato Gabbuccini”. Un pittore questo mai esistito, mentre nota era la famiglia dei Gabuccini di Fano. Con il passare del tempo, dopo oltre 100 anni, dimenticato il documento originario secentesco, nel linguaggio familiare dei Tasti la Natività del “Cappuccino Pittore” è divenuta il Presepe del Gabbuccino o Gabbuccini pittore rinomato. Il quadro conservò tale attribuzione probabilmente anche quando pervenne alla collegiata di S. Medardo entro la prima metà del 1800, dove tuttora è conservato. Nella seconda metà del XX° sec.,  fu ritenuto essere una copia dell’Adorazione dei Pastori di B. Strozzi, conservata nel Walters Art Museum di Baltimora.
La Natività  arceviese (olio su tela, misura:  98 x 139 cm., eseguita negli anni 1616-1618), è stata restaurata nel  2013, a cura del parroco don Sergio Zandri.  Ha recuperato la sua originaria bellezza, ma ha rivelato, con piccole differenze, una qualità cromatica inferiore all’originale del Walters Art Gallery.
La Natività arceviese, dai documenti esposti, risulta donata a mons Lelio Tasti, mentre risiedeva a Genova, da un frate cappuccino. Questo frate andrebbe identificato con lo stesso Bernardo Strozzi.  Ma evidentemente lo Strozzi che stava lavorando alla Adorazione dei pastori, oggi a Baltimora, per un nobile committente, fece fare, forse con una sua qualche partecipazione, una copia di questo quadro ad un suo aiutante di bottega per  donarla a mons. Tasti .



L’Adorazione dei pastori della Walters Art Gallery (olio su tela , misura:  97,8 x 139,4 cm. , eseguita negli anni 1616-1618) fu venduta a H. Walters  nel 1902 da don Marcello Massarenti (†1905); era precedentemente registrata nel catalogo della collezione del palazzo Accoramboni di Roma (Van Esbroeck 1897 n. 480) come opera del Murillo. 

CONFRONTI TRA LE DUE OPERE:












































martedì 22 aprile 2014

LE OPERE ROBBIANE ARCEVIESI (Ancona, Marche) prezioso tesoro da conservare contro le ingiurie del tempo





Dal 19 aprile al 28 settembre 2014 Arcevia mette in mostra i suoi gioielli robbiani unici nel panorama artistico marchigiano dei lavori in terracotta invetriata. Una mostra da non perdere, inserita in un itinerario alla riscoperta delle maioliche robbiane disperse in varie località della regione.



Il nucleo più consistente è quello arceviese che può vantare l’unica opera presente nelle Marche di Giovanni della Robbia, peraltro in collaborazione con il padre Andrea nelle figure principali. Un bellissimo dossale d’altare eseguito per l’eremo di S. Girolamo del Sasso Rosso non più esistente. 



Per questo romitaggio, ed in questa località, suo fratello fra Mattia, domenicano, eseguì altri lavori  conservati e visibili in Arcevia. La sua presenza è qui documentata e sarà meglio precisata in un mio studio di prossima pubblicazione. 


                            

In questo nucleo di opere, da ammirare le due preziose statue robbiane di S. Caterina d’Alessandria e di Maria Maddalena da me scoperte alcuni anni fa e pubblicate, oggi riconosciute tali da tutti gli studiosi. 

Di particolare interesse nell’economia di questa mostra  l’inserimento delle terrecotte di produzione locale, arceviese ed in particolare il riconoscimento seppur tardivo dell’attività di plasticatore al valente pittore Ercole Ramazzani ed alla sua bottega. 




A questa viene finalmente assegnato in S. Medardo il presepe in terracotta dipinta, che aveva nella parete retrostante affrescati due personaggi da Giampaolo Ramazzani, recentemente andati distrutti. 




Ancora in mostra, nella chiesa parrocchiale di  Avacelli di Arcevia, il bel dossale d’altare ed il crocifisso entrambi in terracotta dipinta. Opere che tuttora vengono assegnate genericamente ad “una bottega marchigiana influenzata dai Della Robbia”. Peccato che, in particolare per il dossale, si voglia ancora mantenere attribuzioni vaghe o impossibili come quella riferita all’Agabiti, dura a morire, e non tener conto dei documenti pubblicati dal sottoscritto e dei suoi studi. Studi peraltro riconosciuti  validi nel tempo, come per esempio le due statue robbiane o la stessa attività di plasticatore del  Ramazzani o l’attribuzione al Sassoferrato della pala d’altare nella cappella già Zitelli di S. Medardo. 

 Per dimostrare che il dossale di Avacelli è opera di Ercole Ramazzani e bottega voglio solo presentare alcune foto da cui si evince chiaramente la stretta analogia rappresentativa e stilistica tra la figura della Madonna del Rosario di Avacelli e quella raffigurata  in quadri firmati da Ercole. 




E’ solo un esempio, ma significativo, tra quelli da me analizzati che saranno inseriti in una prossima pubblicazione sui Della Robbia e Ramazzani. 
Spero che fra qualche anno anche questo dossale e gli altri consimili, assegnati alla stessa bottega, vengano riconosciuti come opera del Ramazzani!

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Gherardo Cibo between art and science



martedì 15 aprile 2014

GHERARDO CIBO (1512†1600) di Roccacontrada oggi Arcevia (Ancona,Marche)

               


Gherardo è un personaggio di gran rilievo artistico e di sicuro interesse scientifico, ancora oggi poco noto al grande pubblico anche dopo la pubblicazione del libro “Gherardo Cibo, dilettante di botanica e pittore di paesi” (2013), egregiamente curato dalla prof.ssa Lucia Tomasi Tongiorgi e dallo studioso editore dott. Giorgio Mangani. Pubblicazione questa pregevole anche nella presentazione delle splendide immagini delle opere cibiane, nell’aggiornamento del suo catalogo di disegni e nella riattribuzione della sua produzione trattatistica assegnata indebitamente ad altri autori. Un personaggio, il Cibo, ancora da scoprire completamente, trascurato dagli studiosi “istituzionali”, ma ben conosciuto a livello internazionale per essere le sue opere nei maggiori musei del mondo. Da poco valorizzato dalle istituzioni pubbliche locali e regionali, merita attenzione con una grande e documentata mostra di sue opere. Da parte del suo paese, Arcevia, in cui ha trascorso quasi tutta la sua operosa vita, che va attentamente ricostruita, merita un ricordo perenne:  almeno una mostra permanente di documenti e di sue opere, legate al territorio comunale ed agli attinenti personaggi locali, riprodotte fotograficamente.  
                                         

Dai documenti pubblicati in questo volume emergono inoltre stretti rapporti operativi con il pittore arceviese Ercole Ramazzani, da qualche tempo abbastanza trascurato, ma per la sua versatilità anche come plasticatore, e con i nuovi legami con Cibo, va certamente riconsiderato ed approfondito. Del resto già avevo segnalato nelle mie pubblicazioni, cosa che non era stata fatta a suo tempo, la necessità di dedicare attenzione alla bottega dello stesso Ramazzani ed ai suoi rapporti, anche di influenza artistica, con il Cibo.     




Gherardo, personalità poliedrica, fu pittore e disegnatore già assai apprezzato ai suoi tempi, studioso di botanica e attento ricercatore di  piante, in particolare di “semplici” o erbe medicinali; ma anche sperimentatore di nuove tecniche pittoriche e autore di un trattato sulla miniatura e di altri scritti sui colori e sulla tecnica dell’acquarello.  I  suoi  interessi spaziavano dalla mineralogia  alla musica ed alla storia, anche locale, dalla bibliofilia al collezionismo raffinato. Pronipote di Innocenzo VIII (1484-1492), per linea paterna, e parente della potente famiglia dei Della Rovere per parte materna,  il Cibo intrattenne relazioni di amicizia con influenti personaggi del suo tempo. Egli è considerato il maggior paesaggista marchigiano.                 


Il Cibo, come sottolinea la Tongiorgi è un notevole artista cinquecentesco, disegnatore fecondissimo,  anticipatore di fortunate tematiche pittoriche più tarde, quali il vedutismo, il rovinismo, la raffigurazione degli eremiti. Si pone come l’espressione di una nuova percezione visiva dell’immagine botanica ma anche di una nuova concezione del paesaggio come storia e scienza , che si diffonderà a Roma nei primi decenni del Seicento e costituirà una tappa fondamentale nella storia della pittura in Italia.