LUCA SIGNORELLI
(1450 ca.Cortona - 1523)
“Pittore eccellente (…) nei suoi tempi tenuto in Italia tanto famoso e
l’opera sua in tanto pregio, quanto nessun altro in qualsivoglia tempo sia
stato giammai” (Giorgio Vasari)
Vergine del latte (part.)
Arcevia già Roccacontrada
Il Signorelli giunse in Arcevia, già Roccacontrada, probabilmente nel mese di giugno 1507, anche se la sua venuta potrebbe essere anticipata al mese di maggio. Infatti al 10 aprile risale l’ultima notizia documentata dell’artista, prima della sua partenza per Rocca Contrada: la sua presenza al contratto di donazione di alcuni beni, tra cui due quadri, da lui fatta a favore della figlia Gabriella, a Cortona (Arch. Stato di Firenze, Rog. L.
Il
20 febbraio dell’anno risultava presente alla seduta del Consiglio comunale
della sua città, di cui era membro, mentre era già assente in quella del 23 giugno quando fu
estratto come Priore per i mesi di luglio ed agosto, “a motivo della lontananza
dal comune”.
Il
Signorelli fu chiamato in Arcevia per dipingere l’imponente polittico di S.
Medardo destinato all’altare maggiore della omonima chiesa, per interessamento
(o forse proprio per commissione) del vescovo di Senigallia, Marco Vigerio
Della Rovere, francescano, creato cardinale col titolo di S. Maria in
Trastevere da Giulio II il 1 dicembre 1505. (…)
I documenti noti
però non ci dicono quando il polittico fu iniziato, né tanto meno quando fu
compiuto. I tre atti arceviesi, che si trascrivono integralmente di seguito, si
riferiscono alla commissione ed al pagamento finale del Battesimo di Gesù
ed alla promessa di m.° Piertidaldo, non mantenuta, di far dipingere una croce
gratis al Signorelli. Non è stato inoltre trovato alcun documento riguardante
la tavola di S. Francesco con la
Madonna , Bambino e Santi. (…)
Queste minute di atti
riguardanti alcune commissioni di opere arceviesi del Signorelli, rogati da
Alfonso Venerio, Venerii o Veneri furono rintracciate da Anselmo Anselmi e
pubblicate nella rivista Archivio Storico dell’Arte. Dopo la morte
dell’Anselmi questi documenti non furono più trovati tra i registri del notaio
Veneri, trasferiti col notarile arceviese nell’Archivio di Stato di Ancona. (…)
Cogliendo l’occasione del riordino sistematico e della nuova catalogazione
dell’archivio arceviese ho rinvenuto, qui, questi importantissimi documenti. (…)
Le
elevate qualità del polittico furono riconosciute dal Crowe e dal Cavalcaselle,
ma negate da tutta la critica successiva sino al Fontana “forse perché il
Signorelli dovette adattarsi al formato della cornice preesistente oppure per
l’inaccessibile ubicazione dell’opera”. Lo stesso Adolfo Venturi, amico
dell’Anselmi venuto in Arcevia a
visionare i due dipinti, non ne parla nella sua monumentale Storia dell’arte
italiana, Milano, 1913, limitandosi a dire a p. 301 del vol. VII, “Arcevia
sopra Sassoferrato lo volle (il Signorelli) pittore dell’ancona per la chiesa
di San Medardo”. Nella nota a p.406, poi, li riporta tra le opere del pittore
non menzionate nel testo: “Arcevia, chiesa di S. Medardo, polittico
(bottega); idem, Battesimo, 1507, (bottega)”. Il Venturi oltre ad errare la data del Battesimo,
li giudica addirittura opere di bottega! (…)
Comunque
come ricorda il Mancini ( G.,
Mancini, La vita di Luca Signorelli, p.152)
il pittore era solito nella stagione
invernale sospendere il lavoro e tornare in patria per riprenderlo in
primavera. Tenuto conto delle condizioni
delle strade poco praticabili e del clima rigido di Arcevia, già dal mese di
novembre, si può ritenere che il pittore si sia allontanato in questo periodo.
Il Signorelli prima di lasciare Arcevia doveva però già aver acquisito le nuove
commissioni da portare a termine l’anno seguente.
Nella primavera del 1508,
probabilmente nel mese di marzo, Luca Signorelli tornò in Arcevia per portare a termine le commissioni già
acquisite o promesse nel 1507: le pale d’altare per la chiesa di S. Francesco e
di S. Gianne. (…)
(da Studi
Arceviesi 5, P.Santini, Luca Signorelli a Roccacontrada nel 500° anniversario
della ricorrenza (1507-1508). Documenti
e considerazioni, pp. 13 e
segg)
1508, dipinge per la cappella dei Filippini nella chiesa di S. Francesco, a
spese di Giacomo di Simone, la tavola con la
Vergine e Santi, oggi alla Pinacoteca di Brera, firmata e datata 1508 .
1508, 8 giugno, si obbliga a dipingere per la
Fraternità del Crocifisso della chiesa di S. Gianne il Battesimo di Cristo, oggi in S. Medardo, e
il 24 giugno rilascia quietanza finale per il pagamento ricevuto.
1508, 24 giugno, si obbliga con i sindaci di S. Medardo a dipingere gratis una croce come
aveva promesso agli stessi quando aveva dipinto per la chiesa di S. Medardo il
polittico. Maestro Pertedaldo di Giorgio arceviese dovrà verificare che l’opera
sia “ bonam et cum omni decore et ornamento”.
Questa croce però non fu
mai dipinta dal Signorelli, perché il pittore lasciò definitivamente Arcevia il
26 giugno 1508. In
questo giorno infatti il Signorelli era
a Jesi per ricevere la commissione di
una Deposizione di Cristo da parte della Confraternita del Buon Gesù per
la chiesa di S. Floriano. Il pittore si impegnava a lavorarci per tutto il mese di ottobre. Il
prezzo dell’opera veniva stabilito in 100 ducati d’oro oltre vitto ed alloggio
per lui ed i suoi collaboratori.
Il Signorelli intendeva però
ritornare nelle Marche per dipingere il quadro di Jesi e la croce promessa
ai sindaci di S. Medardo. Partì quindi per Cortona dove assunse l’ufficio di priore per i mesi di
luglio e agosto. I gravosi impegni dei
mesi successivi impedirono però al pittore di onorare i suoi obblighi. La Confraternita del
Buon Gesù affidò successivamente, nel 1512, a Lorenzo Lotto l’incarico di dipingere la Deposizione
di Cristo. La croce di S. Medardo non fu mai
dipinta. (Studi arceviesi 5, cit.)
Il Signorelli dovrebbe aver dipinto per
incarico del Comune anche un quadro con S. Medardo di cui però non c’è traccia
documentaria diretta, ma menzione in atti più tardi. Nelle Congregazioni della
fabbrica di S. Medardo del 3, 13, 30 dicembre 1648 il Comune, intenzionato a
far terminare il quadro incompiuto dal Ridolfi per la propria cappella di S.
Medardo, da porre sull’altare eseguito da Scaglia e Giglioni,
soprassedette decidendo di collocare qui “il quadro Vecchio che è di
mano del q. Luca Signorelli da Cortona”. Ancora nel 1651 però non era stato
collocato il quadro del Signorelli sull’altare di S. Medardo, perché nella
Congregazione del 6 settembre, su pressioni del card. Facchinetti che voleva
far dipingere il quadro del Santo ad un suo pittore “amorevole”, veniva detto: “si dia conto a detto Ecc.mo
che già fu risoluto di mettere nella nostra Cappella il quadro antico perché
non tenevamo né abbiamo denari”. La Congregazione si rimetteva comunque alle
decisioni del vescovo.
Nella cappella rimase, sia pure nascosta
nell’ornamento in legno dell’altare, la tela del Ridolfi e non si commissionò
alcun nuovo quadro. Ancora però nel 1678 in una riunione del consiglio comunale
del 1 maggio si lamentava che “la cona dell’altare di S. Medardo” non era
ancora posta alla perfezione. Anche di tale quadro si è persa ogni traccia.
POLITTICO DI S. MEDARDO
primo ordine: Madonna in trono col Bambino ed i SS.
Sebastiano,
Medardo, Andrea, Rocco
secondo ordine: l’Eterno (sotto
edicola) ed i SS. Paolo, Giovanni
Battista, Pietro, Giacomo
pilastri: 14
mezze figure di Apostoli, Evangelisti, Dottori della
Chiesa, Sante
predella:
Annunciazione, Natività, Adorazione dei magi, Fuga in
Egitto, Strage degli innocenti
alle estremità del basamento: stemmi di Rocca contrada e del
vescovo di Senigallia Marco Vigerio I della Rovere
olio su tavola cm.
330 x 260
nel gradino su cui posa i piedi la Vergine:
LUCAS SIGNORELLUS PINGEBAT
MDVII
È questo il capolavoro pittorico di cui
va, a ragione, superba Arcevia: “una delle opere più affascinanti e belle della
intensa carriera artistica del Signorelli”. Spetta al Fontana il merito di aver
recuperato dal suo ingiusto oblio un’opera così splendida e grandiosa
mortificata da una critica prevalentemente negativa sino ad una ventina di anni
fa.
L’opera fu
talmente apprezzata, non solo dai committenti, che al cortonese furono affidati
altri importanti lavori.
Le scene della
predella sono di luminosa bellezza, e quella in particolare della Strage degli
innocenti, è stato detto, può aver
influenzato il giovane Raffaello. Al riguardo viene segnalato il parallelo tra
il soldato nudo visto di spalle nella Strage e lo sgherro del giudizio di
Salomone di Raffaello nel soffitto della
Stanza della Segnatura.
Il polittico,
nella sua solenne sacralità e monumentalità, è una rappresentazione che
rompendo i limiti imposti dalla cornice si libra verso orizzonti infiniti “per
la grande vastità del fondo luminoso e la trasparenza bianca poi azzurra,
salendo in alto, del cielo come accadeva col Perugino o meglio col Raffaello di
quegli anni”. In questo quadro non c’è involuzione, ma la conferma di un grande
artista capace di esprimersi con la medesima intatta forza orvietana, con un
rigore impeccabile, dimostrando di “tener conto, sottolinea ancora il Fontana,
dell’evolversi della pittura umbro fiorentina di quegli anni, molto attento
però alle giovani speranze, quali Michelangelo e Raffaello”. Il Signorelli ha
voluto lasciare in Arcevia la sua “ultima e grande impronta, un ricco dono
indelebile, un po’ come aveva fatto con Loreto, Monteoliveto e Orvieto”.
Battesimo del Salvatore
BATTESIMO
DEL SALVATORE
CON
DIO PADRE E S. GIOVANNI BATTI
pilastro
sinistro: S. Rocco, S. Urbano, S. Giovanni Battista e
l’arcangelo Gabriele
pilastro
destro: Santa Apollonia, San
Sebastiano, S. Medardo e la
Vergine Annunziata
predella: Natività del Battista, Predicazione,
Rampogna ad
Erode, Danza di Salomè, Decollazione del Battista
olio su tavola: cm. 244 x 160
cartellino con piegature sotto i
piedi del Giovanni Battista :
Luca Signorelli de Cortona 1508
Nei confronti di questo quadro come del
più famoso polittico la critica solo di recente ha finalmente riconosciuto e
senza mezzi termini alle opere arceviesi del Signorelli la dignità di
capolavori: espressione di un artista ancora attentissimo ai nuovi fermenti
culturali e partecipe dei loro mutamenti.
Il Signorelli si era impegnato a dipingere
le tre figure principali di sua mano, lasciando ai suoi discepoli migliori il
compito di eseguire il resto. Anche qui, come per il polittico, abbiamo una
cornice già predisposta, intagliata anch’essa probabilmente dal maestro Corrado
teutonico circa l’anno 1490 ed inoltre
con le figure dei mezzi santi nei piastrini già eseguite. Il Signorelli
invitato dunque a compiere un quadro già iniziato, si obbligò a fare una
pittura che sarebbe stata giudicata di particolare bellezza “ quod reputabitur
quid nobile et speciosum” e in effetti mantenne la parola.
L’opera fu finita in 19 giorni:
commissionata il 5 giugno 1508 fu pagata il 24 successivo. La critica è
discorde sull’autore delle pitture laterali.
Per il Berenson, il Salmi ed il Fontana esse vanno attribuite a
Francesco di Gentile. Il Berenson poi attribuisce l’Annunciazione, nelle
edicole cuspidate, ad Antonio da Fabriano, mentre il Fontana la ritiene
ridipinta dagli aiuti del Signorelli.
“La grandezza del Maestro parla dovunque e
in primis esplode nella vasta immensa spazialità cinquecentesca, soprattutto in
quel respiro infinito del cielo nell’ultimo orizzonte, certo desunto dal
Raffaello” e da questa spazialità traggono la loro essenza le tre figure:
quella di Dio Padre che viene a fondersi
stupendamente col fastigio dell’ornato in alto mentre ha in mano la grande
palla d’oro dell’Universo. E la figura di S. Giovanni Battista avvolta da un
grande manto di un colore rosso acceso che si contrappone al nudo superbo del
Salvatore. “Nudo trionfale e bellissimo vero perno di tutta la composizione: il
suo non è l’ancheggiare peruginesco pieno di grazia nella Cappella Sistina,
bensì la ponderazione classica e insieme anticlassica di un nudo vitalissimo
tutto solcato da muscoli emergenti e vibranti su cui sembra accendere una nota
fresca e veramente signorelliana il bellissimo perizoma variopinto a strisce
colorate”
L’opera fu commissionata al Signorelli dai
sindaci della Fraternità del Crocifisso per l’altare maggiore della loro chiesa
di S. Gianne di R. C. il 5 giugno 1508. Il pagamento finale avvenne il 24 dello stesso mese e fu pagata
28 ducati d’oro, compreso il premio di un ducato per la piena soddisfazione dei
committenti. Il Battesimo fu collocato nel 1890,
per interessamento dell’Anselmi, sulla parete
del presbiterio accanto all’altra opera del Signorelli, il Polittico,
dove rimase fino a dopo la seconda
guerra mondiale.
LA VERGINE DEL LATTE
Da Giacomo Simone Filippini,un maggiorente
della cittadina, gli venne commissionata la Vergine del latte con quattro
santi per la cappella gentilizia della famiglia nella chiesa di S.
Francesco. La pala centrale che misura m.2,45 di altezza e m.1,88 di
larghezza (…) e richiama , semplificata, la tavola di Volterra del 1491 è fra le
cose più schiette del pittore in questo
periodo per l’attenuarsi dei contrasti luminosi e cromatici in una tenue luce
diffusa che ammorbidisce il plasticismo delle forme e ne sfuma i contrasti. Nel
gradino del trono si legge a lettere dorate:
JACOBI SIMONIS
DE PHILIPPINIS AERE
DEO ET DIVAE MARIAE DICATUM
FRATRE BERNARDINO VIGNATO GUARDIANO
PROCURANTE
M°D°VIII
Dietro il capo della Madonna è un
cartellino recante il nome del pittore : Lucas Signorelli P.Cortona.
La cimasa rappresenta l’Incoronazione
della Vergine da parte di Gesù con Dio Padre benedicente ed angeli musicanti.
A seguito del rifacimento in stile
barocchetto della chiesa di S.Francesco nella prima metà del 1700 furono
soppresse varie cappelle e il dipinto del Signorelli fu collocato sull’altare
di S. Bonaventura, di giuspatronato della famiglia Filippini, ma dovette essere
dimensionato alla nuova decorazione a stucco dell’altare, che consentiva
l’inserimento nella cornice della sola tavola centrale. La tavola venne quindi
spogliata della cornice originaria, della cimasa, della predella e dei
piastrini laterali che vennero restituiti alla famiglia Filippini, legittima
proprietaria dell’opera.
All’incirca verso il 1880 l’antiquario Domenico Corvisieri di Roma
acquistò in Arcevia dagli eredi Filippini la cimasa ed i quadretti della
predella e forse anche i pilastri laterali.
La
cimasa passò quindi a Stefano Bardini di Firenze e di là emigrò in Inghilterra.
Nel 1934 fu esposta ad Amsterdam fra le opere italiane in collezioni olandesi.
Ritornò quindi in Inghilterra ed oggi è al Museo di S.Diego. La predella invece
è dalla fine del 1800 presso il museo di Altenburg in Germania. Dei piastrini
uno è in una collezione privata inglese , l’altro disperso.
La tavola centrale fu requisita in periodo
napoleonico per arricchire la pinacoteca imperiale di Milano . Il quadro fu
asportato il 20 giugno 1811 ed il commissario Boccalari la reputò di scuola
antica come indicato nella ricevuta rilasciata.
Il signor Pier Sante Filippini fece
ricorso contro la requisizione del quadro di proprietà della famiglia , ma in
data 17 luglio il prefetto del Musone gli notificava che il suo ricorso era
stato respinto. La tavola del Signorelli da Arcevia fu inviata a Matelica e di là
inoltrata a Macerata , quindi a Milano.
Solo le accurate ricerche dello studioso
arceviese Anselmo Anselmi consentirono nel 1891 di rintracciare il quadro, in
deposito presso la chiesa parrocchiale di Figino e attribuito alla scuola
bolognese, e restituirlo al suo legittimo autore. La cittadinanza arceviese con
i suoi amministratori rivolse allora istanza al Ministero di P.I. per
riavere quest’opera requisita in epoca napoleonica. Ma con lettera del 15
dicembre 1891 il Ministero respinse la richiesta per non creare precedenti
pericolosi. Provvide quindi a che la Pinacoteca di Brera potesse ritirare il
quadro che dal 1892 fa qui bella nostra.
(da Arcevia.
Nuovo itinerario nella Storia e nell’Arte di Paolo Santini, ed.2005)
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