Gherardo
è un personaggio di gran rilievo artistico e di sicuro interesse scientifico,
ancora oggi poco noto al grande pubblico anche dopo la pubblicazione del libro “Gherardo
Cibo, dilettante di botanica e pittore di paesi” (2013), egregiamente curato
dalla prof.ssa Lucia Tomasi Tongiorgi e dallo studioso editore dott. Giorgio
Mangani. Pubblicazione questa pregevole anche nella presentazione delle
splendide immagini delle opere cibiane, nell’aggiornamento del suo catalogo di
disegni e nella riattribuzione della sua produzione trattatistica assegnata
indebitamente ad altri autori. Un personaggio, il Cibo, ancora da scoprire
completamente, trascurato dagli studiosi “istituzionali”, ma ben conosciuto a
livello internazionale per essere le sue opere nei maggiori musei del mondo. Da
poco valorizzato dalle istituzioni pubbliche locali e regionali, merita
attenzione con una grande e documentata mostra di sue opere. Da parte del suo
paese, Arcevia, in cui ha trascorso quasi tutta la sua operosa vita, che va
attentamente ricostruita, merita un ricordo perenne: almeno una mostra permanente di documenti e di
sue opere, legate al territorio comunale ed agli attinenti personaggi locali,
riprodotte fotograficamente.
Dai
documenti pubblicati in questo volume emergono inoltre stretti rapporti
operativi con il pittore arceviese Ercole Ramazzani, da qualche tempo abbastanza
trascurato, ma per la sua versatilità anche come plasticatore, e con i nuovi
legami con Cibo, va certamente riconsiderato ed approfondito. Del resto già
avevo segnalato nelle mie pubblicazioni, cosa che non era stata fatta a suo
tempo, la necessità di dedicare attenzione alla bottega dello stesso Ramazzani
ed ai suoi rapporti, anche di influenza artistica, con il Cibo.
Gherardo,
personalità poliedrica, fu pittore e disegnatore già assai apprezzato ai suoi
tempi, studioso di botanica e attento ricercatore di piante, in particolare di “semplici” o erbe
medicinali; ma anche sperimentatore di nuove tecniche pittoriche e autore di un
trattato sulla miniatura e di altri scritti sui colori e sulla tecnica
dell’acquarello. I suoi
interessi spaziavano dalla mineralogia alla musica ed alla storia, anche locale,
dalla bibliofilia al collezionismo raffinato. Pronipote di Innocenzo VIII
(1484-1492), per linea paterna, e parente della potente famiglia dei Della
Rovere per parte materna, il Cibo
intrattenne relazioni di amicizia con influenti personaggi del suo tempo. Egli
è considerato il maggior paesaggista marchigiano.
Il Cibo, come sottolinea la
Tongiorgi è un notevole artista
cinquecentesco, disegnatore fecondissimo, anticipatore di fortunate tematiche pittoriche più tarde, quali il vedutismo, il
rovinismo, la raffigurazione degli eremiti. Si pone come l’espressione di una
nuova percezione visiva dell’immagine botanica ma anche di una nuova concezione
del paesaggio come storia e scienza , che si diffonderà a Roma nei primi
decenni del Seicento e costituirà una tappa fondamentale nella storia della
pittura in Italia.
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