lunedì 29 settembre 2014
giovedì 5 giugno 2014
IL CASO DELLA NATIVITA' ATTRIBUITA A BERNARDO STROZZI, CONSERVATA IN ARCEVIA, NELLA PARROCCHIALE DI S. MEDARDO
In
occasione della pubblicazione, nel 2009° a cura dello scrivente, del volume “Sito
ed origine di Roccacontrada” (oggi Arcevia), opera storica manoscritta del
1636 di mons. Lelio Tasti, avevo
rintracciato tra le carte inesplorate di questa illustre famiglia arceviese
alcuni importanti documenti che attribuivano al famoso pittore genovese
Bernardo Strozzi il quadro della “Natività” conservato nella locale
parrocchiale di S. Medardo, ed appartenuto a mons. Lelio.
Le
carte della famiglia Tasti sono conservate nell’archivio storico arceviese. Tra
queste vi è un fascicoletto intitolato “ Memorie diverse” dove sono raccolti
alcuni fogli sciolti di varia datazione.
Tra
i documenti più antichi troviamo, risalente alla metà del XVII sec., una “fede
della stima de’ mobili fatta da più persone” come scritto nel retro del foglio.
Cioè una valutazione, fatta da un pittore e scritta da un Tasti (forse Emilio
di Alfonso), di quadri ed oggetti d’arte di valore, esistenti in questo avito
palazzo arceviese. Questo documento è di
particolare importanza perché tra i quadri indicati genericamente ne menziona
uno, già allora valutato 100 scudi, di cui fornisce notizie dettagliate:
“ Una Natività
nella prima stanza delle Case nuove la quale dico haver inteso dire 40 anni sono fusse donata da un
Cappuccino Pittore al Sig. Abbate Lelio Tasti, sc. 100”.
L’indicazione,
così precisa, che il quadro fu donato 40 anni prima da un pittore frate
cappuccino all’abate Lelio ci consente di riferire il documento agli anni
1654-1658 e ritenerlo redatto da Emilio o da suo fratello l’abate Silvio, figli
di Alfonso, fratello di mons. Lelio. Questi infatti fu
chiamato a Genova dall’arcivescovo di quella città, cardinale Spinola,
come suo vicario generale, dal 1614 alla fine del 1618. In quegli anni per il
delicato ed importante ruolo che svolgeva ebbe modo di conoscere il pittore Bernardo
Strozzi, frate cappuccino. A Bernardo, infatti, dopo la morte del padre,
nel 1608, fu concesso di abbandonare temporaneamente
l’ordine, rimanendo però sacerdote, per
mantenere la sua famiglia con l’attività di pittore. E certamente l’abate Tasti negli anni della sua
permanenza a Genova intervenne in suo
favore o comunque gli fornì una qualche forma di protezione o di aiuto, se lo
Strozzi si sentì in dovere di donargli una Natività.
Nelle
menzionate “memorie diverse” della famiglia Tasti troviamo un altro documento,
datato 26 gennaio 1772, attinente alla
nostra “Natività”. ‘E una copia di
una dichiarazione rilasciata da alcuni notabili arceviesi, primo firmatario dei
quali è il sig. Nicola Fossi, nella quale si riconosce alla nobile famiglia
Tasti di Rocca Contrada di possedere un’abitazione signorile ben arredata con
mobili e quadri. E fra questi si segnala in particolare un Presepe “ di pennello eccellente del rinomato Gabbuccini”. Un
pittore questo mai esistito, mentre nota era la famiglia dei Gabuccini di Fano.
Con il passare del tempo, dopo oltre 100 anni, dimenticato il documento
originario secentesco, nel linguaggio familiare dei Tasti la Natività del “Cappuccino Pittore” è
divenuta il Presepe del Gabbuccino o
Gabbuccini pittore rinomato. Il quadro conservò tale attribuzione probabilmente
anche quando pervenne alla collegiata di S. Medardo entro la prima metà del
1800, dove tuttora è conservato. Nella seconda metà del XX° sec., fu ritenuto essere una copia dell’Adorazione dei Pastori di B. Strozzi,
conservata nel Walters Art Museum di Baltimora.
La
Natività arceviese (olio su tela, misura: 98 x 139 cm., eseguita negli anni 1616-1618),
è stata restaurata nel 2013, a cura del
parroco don Sergio Zandri. Ha recuperato
la sua originaria bellezza, ma ha rivelato, con piccole differenze, una qualità
cromatica inferiore all’originale del Walters Art Gallery.
La
Natività arceviese, dai documenti
esposti, risulta donata a mons Lelio Tasti, mentre risiedeva a Genova, da un
frate cappuccino. Questo frate andrebbe identificato con lo stesso Bernardo Strozzi. Ma evidentemente lo Strozzi che stava
lavorando alla Adorazione dei pastori,
oggi a Baltimora, per un nobile committente, fece fare, forse con una sua
qualche partecipazione, una copia di questo quadro ad un suo aiutante di
bottega per donarla a mons. Tasti .
L’Adorazione dei
pastori della Walters Art Gallery (olio
su tela , misura: 97,8 x 139,4 cm. , eseguita negli anni 1616-1618) fu venduta a H.
Walters nel 1902 da don Marcello
Massarenti (†1905); era precedentemente registrata nel
catalogo della collezione del palazzo Accoramboni di Roma (Van Esbroeck 1897 n.
480) come opera del Murillo.
CONFRONTI TRA LE DUE OPERE:
martedì 22 aprile 2014
LE OPERE ROBBIANE ARCEVIESI (Ancona, Marche) prezioso tesoro da conservare contro le ingiurie del tempo
Dal 19 aprile al 28 settembre 2014 Arcevia
mette in mostra i suoi gioielli robbiani unici nel panorama artistico
marchigiano dei lavori in terracotta invetriata. Una mostra da non perdere,
inserita in un itinerario alla riscoperta delle maioliche robbiane disperse in
varie località della regione.
Il nucleo più consistente è quello arceviese
che può vantare l’unica opera presente nelle Marche di Giovanni della Robbia,
peraltro in collaborazione con il padre Andrea nelle figure principali. Un
bellissimo dossale d’altare eseguito per l’eremo di S. Girolamo del Sasso Rosso
non più esistente.
Per questo romitaggio, ed in questa località, suo fratello
fra Mattia, domenicano, eseguì altri lavori
conservati e visibili in Arcevia. La sua presenza è qui documentata e
sarà meglio precisata in un mio studio di prossima pubblicazione.

In questo nucleo di opere, da ammirare le due preziose statue robbiane di S. Caterina d’Alessandria e di Maria Maddalena da me scoperte alcuni anni fa e pubblicate, oggi riconosciute tali da tutti gli studiosi.
Di particolare interesse nell’economia di questa mostra l’inserimento delle terrecotte di produzione locale, arceviese ed in particolare il riconoscimento seppur tardivo dell’attività di plasticatore al valente pittore Ercole Ramazzani ed alla sua bottega.
A questa viene finalmente assegnato in S. Medardo il presepe in terracotta dipinta, che aveva nella parete retrostante affrescati due personaggi da Giampaolo Ramazzani, recentemente andati distrutti.
Ancora in mostra, nella chiesa parrocchiale di Avacelli di Arcevia, il bel dossale d’altare ed il crocifisso entrambi in terracotta dipinta. Opere che tuttora vengono assegnate genericamente ad “una bottega marchigiana influenzata dai Della Robbia”. Peccato che, in particolare per il dossale, si voglia ancora mantenere attribuzioni vaghe o impossibili come quella riferita all’Agabiti, dura a morire, e non tener conto dei documenti pubblicati dal sottoscritto e dei suoi studi. Studi peraltro riconosciuti validi nel tempo, come per esempio le due statue robbiane o la stessa attività di plasticatore del Ramazzani o l’attribuzione al Sassoferrato della pala d’altare nella cappella già Zitelli di S. Medardo.
Per dimostrare che il dossale di Avacelli è opera di Ercole Ramazzani e bottega voglio solo presentare alcune foto da cui si evince chiaramente la stretta analogia rappresentativa e stilistica tra la figura della Madonna del Rosario di Avacelli e quella raffigurata in quadri firmati da Ercole.
E’ solo un esempio, ma significativo, tra quelli da me analizzati che saranno inseriti in una prossima pubblicazione sui Della Robbia e Ramazzani.
Spero che fra qualche anno anche questo dossale e gli altri consimili, assegnati alla stessa bottega, vengano riconosciuti come opera del Ramazzani!
a


In questo nucleo di opere, da ammirare le due preziose statue robbiane di S. Caterina d’Alessandria e di Maria Maddalena da me scoperte alcuni anni fa e pubblicate, oggi riconosciute tali da tutti gli studiosi.
Di particolare interesse nell’economia di questa mostra l’inserimento delle terrecotte di produzione locale, arceviese ed in particolare il riconoscimento seppur tardivo dell’attività di plasticatore al valente pittore Ercole Ramazzani ed alla sua bottega.
A questa viene finalmente assegnato in S. Medardo il presepe in terracotta dipinta, che aveva nella parete retrostante affrescati due personaggi da Giampaolo Ramazzani, recentemente andati distrutti.
Ancora in mostra, nella chiesa parrocchiale di Avacelli di Arcevia, il bel dossale d’altare ed il crocifisso entrambi in terracotta dipinta. Opere che tuttora vengono assegnate genericamente ad “una bottega marchigiana influenzata dai Della Robbia”. Peccato che, in particolare per il dossale, si voglia ancora mantenere attribuzioni vaghe o impossibili come quella riferita all’Agabiti, dura a morire, e non tener conto dei documenti pubblicati dal sottoscritto e dei suoi studi. Studi peraltro riconosciuti validi nel tempo, come per esempio le due statue robbiane o la stessa attività di plasticatore del Ramazzani o l’attribuzione al Sassoferrato della pala d’altare nella cappella già Zitelli di S. Medardo.
Per dimostrare che il dossale di Avacelli è opera di Ercole Ramazzani e bottega voglio solo presentare alcune foto da cui si evince chiaramente la stretta analogia rappresentativa e stilistica tra la figura della Madonna del Rosario di Avacelli e quella raffigurata in quadri firmati da Ercole.
E’ solo un esempio, ma significativo, tra quelli da me analizzati che saranno inseriti in una prossima pubblicazione sui Della Robbia e Ramazzani.
Spero che fra qualche anno anche questo dossale e gli altri consimili, assegnati alla stessa bottega, vengano riconosciuti come opera del Ramazzani!
a
martedì 15 aprile 2014
GHERARDO CIBO (1512†1600) di Roccacontrada oggi Arcevia (Ancona,Marche)
Gherardo
è un personaggio di gran rilievo artistico e di sicuro interesse scientifico,
ancora oggi poco noto al grande pubblico anche dopo la pubblicazione del libro “Gherardo
Cibo, dilettante di botanica e pittore di paesi” (2013), egregiamente curato
dalla prof.ssa Lucia Tomasi Tongiorgi e dallo studioso editore dott. Giorgio
Mangani. Pubblicazione questa pregevole anche nella presentazione delle
splendide immagini delle opere cibiane, nell’aggiornamento del suo catalogo di
disegni e nella riattribuzione della sua produzione trattatistica assegnata
indebitamente ad altri autori. Un personaggio, il Cibo, ancora da scoprire
completamente, trascurato dagli studiosi “istituzionali”, ma ben conosciuto a
livello internazionale per essere le sue opere nei maggiori musei del mondo. Da
poco valorizzato dalle istituzioni pubbliche locali e regionali, merita
attenzione con una grande e documentata mostra di sue opere. Da parte del suo
paese, Arcevia, in cui ha trascorso quasi tutta la sua operosa vita, che va
attentamente ricostruita, merita un ricordo perenne: almeno una mostra permanente di documenti e di
sue opere, legate al territorio comunale ed agli attinenti personaggi locali,
riprodotte fotograficamente.
Dai
documenti pubblicati in questo volume emergono inoltre stretti rapporti
operativi con il pittore arceviese Ercole Ramazzani, da qualche tempo abbastanza
trascurato, ma per la sua versatilità anche come plasticatore, e con i nuovi
legami con Cibo, va certamente riconsiderato ed approfondito. Del resto già
avevo segnalato nelle mie pubblicazioni, cosa che non era stata fatta a suo
tempo, la necessità di dedicare attenzione alla bottega dello stesso Ramazzani
ed ai suoi rapporti, anche di influenza artistica, con il Cibo.
Gherardo,
personalità poliedrica, fu pittore e disegnatore già assai apprezzato ai suoi
tempi, studioso di botanica e attento ricercatore di piante, in particolare di “semplici” o erbe
medicinali; ma anche sperimentatore di nuove tecniche pittoriche e autore di un
trattato sulla miniatura e di altri scritti sui colori e sulla tecnica
dell’acquarello. I suoi
interessi spaziavano dalla mineralogia alla musica ed alla storia, anche locale,
dalla bibliofilia al collezionismo raffinato. Pronipote di Innocenzo VIII
(1484-1492), per linea paterna, e parente della potente famiglia dei Della
Rovere per parte materna, il Cibo
intrattenne relazioni di amicizia con influenti personaggi del suo tempo. Egli
è considerato il maggior paesaggista marchigiano.
Il Cibo, come sottolinea la
Tongiorgi è un notevole artista
cinquecentesco, disegnatore fecondissimo, anticipatore di fortunate tematiche pittoriche più tarde, quali il vedutismo, il
rovinismo, la raffigurazione degli eremiti. Si pone come l’espressione di una
nuova percezione visiva dell’immagine botanica ma anche di una nuova concezione
del paesaggio come storia e scienza , che si diffonderà a Roma nei primi
decenni del Seicento e costituirà una tappa fondamentale nella storia della
pittura in Italia.
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