Sabato 7 novembre siamo partiti
in gruppo da Roma con un confortevole pullman granturismo alla volta dell’Umbria per trascorrervi un
fine settimana ricco di piacevoli emozioni. Il tutto secondo un programma
curato nei minimi particolari dal bravo e simpatico nostro amico organizzatore Rodolfo Castaldo.
Anche il tempo che nei giorni precedenti aveva dimostrato la sua inclemenza,
con pioggia e neve un po’ ovunque in Italia, sembrava ora volgere al meglio. Una pioggia leggera ci ha accompagnato
sino ai confini con l’Umbria, poi il
cielo coperto ha lasciato spazio a squarci di sereno alternati a timidi raggi
di sole. Nel mentre, ci appariva imponente e svettante (è alto 46 metri!) il
campanile della basilica santuario
dell’Amore misericordioso di Collevalenza, nostra prima tappa.
Questo santuario, iniziato a
costruire nel 1955 e in pochi anni portato a termine per volontà della suora
spagnola madre Speranza beatificata nel 2014 da papa Francesco, rappresenta
oggi uno dei più importanti centri di spiritualità frequentato da migliaia di
fedeli. Sul piazzale a sinistra della
basilica, per chi la osserva, sono collocate la fonte e le piscine, dove come
per Lourdes, si pratica la liturgia delle acque, con bagno dei malati, a
conclusione di un iter penitenziale. Dal pozzo scaturisce senza sosta l’acqua
che alimenta le piscine e la fontana lì vicina, dove i pellegrini possono berla
e approvvigionarsene. Fu madre Speranza stessa che tenacemente fece
scavare il pozzo in quel punto e fino
alla profondità di 122 metri contro il
parere di tutti gli esperti che sostenevano non poter esserci l’acqua in quel
terreno sassoso. Ma l’acqua sgorgò, come per miracolo, abbondante e continua.
L’abbiamo bevuta e raccolta, come atto di fede. Poi tra i silenzi del luogo
sacro siamo andati a pregare sulla tomba della beata madre Speranza, nella
cripta, e quindi nel santuario del crocifisso.
Qui sulla parete dell’altare
maggiore campeggia imponente un Cristo in
croce, opera di buon livello dello scultore spagnolo Coullot Valera. Gesù è
rappresentato in tutto il suo fulgore di Uomo Dio che ha vinto la morte e
sconfitto il Male, attraverso il sacrificio della croce, per amore dell’umanità. Un amore misericordioso che abbraccia tutti gli
uomini senza distinzione alcuna, ma che esige amore per il prossimo come
risposta all’amore che Egli ha per noi.
Prima di lasciare questa basilica
santuario, meritano una visita, sia pure fugace, la mostra dei presepi, vicino
la cripta, e la monumentale via crucis all’aperto, nel vasto giardino alberato
poco oltre la casa del pellegrino.
Tutto, qui a Collevalenza , è
silenzio e spiritualità: un ritrovare se stessi ed il senso della vita, spesso
smarriti, alla luce della fede.
Ma è ora di ripartire. Todi ci
attende e anche qui le cose da vedere sono molte!
Non si può andare a Todi e non visitare
la splendida chiesa di Santa Maria della
Consolazione, posta nella parte bassa della cittadina, e già ben visibile
da lontano, con la sua cupola grandiosa scandita da doppi pilastri ionici. La
chiesa iniziata nel 1508 e terminata solo nel 1607 è a croce greca con quattro
absidi. Sull’altare maggiore è posta l’immagine sacra della Maestà, a fresco, il cui culto ha dato
avvio alla costruzione dell’edificio sacro. Il tempio, per le sue forme
architettoniche perfettamente armoniche ed equilibrate, è stato sin dalla fine
del 1500 attribuito al Bramante, ma al riguardo non risultano prove
documentarie certe. Usciti da qui, soddisfatti per aver potuto visitare un
importante monumento artistico per lungo tempo rimasto chiuso ed ora con orari
di apertura alquanto stretti, il buon Rodolfo ci ha guidati verso il centro
storico di Todi, utilizzando l’ascensore panoramico gratuito che il Comune ha
messo a disposizione dei visitatori. Una iniziativa assai apprezzabile che
consente di ammirare il dolce paesaggio umbro che digrada, dilatandosi sempre
più all’orizzonte, man mano che si sale.
Il centro
storico di Todi è rimasto medievale ed è di tutto rispetto: con suggestivi
scorci di vicoli, di edifici nobili ancora con gli emblemi ed i decori antichi,
con i palazzi dei Priori, del Capitano e del Popolo in bella vista ed il
maestoso duomo dell’Annunziata del XII-XIV sec., in stile romanico gotico. Tutti
ben conservati, come la imponente cinta muraria, i bastioni e le antiche porte
di accesso. Abbiamo potuto apprezzare anche la chiesa di S. Fortunato, duecentesca, con il suo portale maggiore
quattrocentesco, a sesto acuto, ricamato con colonnine tortili e piccole
sculture. La chiesa a tre navate con volte a crociera presenta nella 4°
cappella destra un importante affresco di Masolino da Panicale (1432)
rappresentante una Madonna con Bambino.
Nella cripta è conservata la tomba del noto poeta francescano beato Iacopone da
Todi con effige e lapide.
Prima di ripartire abbiamo avuto
anche il tempo di fare degli acquisti nei negozi del centro sia di prodotti
tipici locali che di vario genere, secondo i gusti e i bisogni di ciascuno. Ma c’era un altro bisogno da soddisfare:
quello della fame e l’ora del desinare era ormai più che giunta.
Sollecitati da Rodolfo, abbiamo
raggiunto il pullman diretti all’albergo che ci avrebbe ospitato per il week
end: l’hotel Holiday hill di Selvarelle
Alte, tra le colline di Todi e di Acquasparta. Un albergo immerso nel verde
di un paesaggio boscoso e dolcemente degradante, confortevole
e accattivante. Una buona cucina tipica, vini generosi, calda
accoglienza e Fabrizio, il simpatico proprietario.
Depositati i bagagli nelle
stanze, abbiamo raggiunto la vasta sala da pranzo dove ci attendevano piatti
della tradizione locale umbra: coratella al sugo, fagioli all’uccelletto,
tortellini mantecati al tartufo, involtini ai funghi, il tutto innaffiato con
un buon tudertum rosso ( da vitigni
sangiovese e merlot).
Non abbiamo avuto troppo tempo
per risposare perché l’infaticabile
Rodolfo ci aveva preparato una sorpresa allettante: la visita di Montecastello di Vibio un piccolo
comune in provincia di Perugia dove si trova il più piccolo teatro all’italiana,
costruito nel 1808, con 99 posti tra platea e palchi. Qui avremmo assistito
all’anteprima della commedia di Edoardo de Filippo, Filumena Marturano, interpretata dalla Compagnia Anta & go. Il teatro
della Concordia è certamente suggestivo: una bomboniera risplendente e con
un’ ottima acustica. Ma assai bravi si sono rivelati gli interpreti della
commedia. Tutti meritevoli di plauso, ma in particolare i due protagonisti,
capaci di rendere in modo efficace e comunicativo i contrastanti stati d’animo
dei personaggi edoardiani: Iolanda Zanfrisco, anche regista, Filumena, e Vincenzo di Sarno, Domenico Soriano. Poi nella nostra
sorpresa generale, ancora a palcoscenico aperto, la Compagnia ha voluto
concludere la serata con un repertorio di canzoni napoletane cantate dal nostro
valente organizzatore. Rodolfo si è
esibito con la solita bravura, accompagnandosi con la chitarra e coinvolgendo
nella coralità partecipativa, con il suo temperamento cordiale e travolgente, non solo gli attori ma tutto il
pubblico. Una festa nella festa e una serata da non dimenticare.
Era buio fondo e l’ora della
cena. Ma la giornata non era ancora finita! Tornati in albergo infatti ci
attendeva un ben organizzato veglione di
carnevale con tanta gente, musica dal vivo, maschere, cotillon, balli
moderni e tradizionali ed un piacevole declinare di cibi, vini, frappe e
castagnole. Le ore piccole ci hanno colto ancora tra balli e canti, esausti e
divertiti, ma il sonno poi l’ha fatta da padrone.
Il giorno seguente, domenica,
dopo una veloce colazione Rodolfo ci ha guidato alla scoperta di Bevagna, l’antica Mevania, municipio romano di
cui ancora conserva interessanti testimonianze, come tratti del teatro, del
foro e di templi, inseriti per lo più nel tessuto urbano medievale. La cittadina interessata da un turismo
prevalentemente di passaggio, va elogiata per la sua ordinata manutenzione di
palazzi, chiese e monumenti, e perché cerca di mantenere viva anche una tradizione di antichi mestieri.
La
storica cartiera, in cui il maestro Proietti lavora con tecniche medievali
carta artigianale, merita sicuramente una visita. In bella vista, al piano
terreno la grande ruota in legno che, mossa un tempo dall’acqua, consente all’ingranaggio
collegato la battitura degli stracci per ridurli in poltiglia e quindi avviare
il processo di macerazione e preparazione della carta. Abbiamo visitato anche
la chiesa intitolata a S. Francesco, eretta verso la fine del 1200 in forme
romaniche dai frati francescani e ridotta in stile barocchetto attorno al 1750.
Oltre ad alcuni antichi affreschi recuperati,
di particolare interesse mi sono subito apparsi
gli altari ed i relativi stucchi presenti nelle diverse cappelle, per la
loro consonanza stilistica con i lavori di uno scultore stuccatore genovese, Lorenzo
Bossi, attivo in Abruzzo e nelle Marche, di cui recentemente avevo scritto in
un mio articolo. Anche qui ho apprezzato
la sua abilità tecnica nella resa plastica delle figure e la sua capacità
rappresentativa di disegnare altari tra loro sempre diversi ma uniformi per stile e cifra identificativa. Un artista,
ancora sconosciuto, che va decisamente recuperato dall’oblio dei dimenticati.
Il dolce paesaggio umbro ci ha
ancora accompagnato nel ritorno all’albergo, questa volta con un sole
splendente che illuminava le tondeggianti, lievi e rilucenti colline.
Punteggiate da ville, casolari, monasteri. Segnate da campi arati, verdi uliveti,
e vigneti ancora brulli ed assonnati. Percorse da rivi ora impetuosi, lambiti da
radi ed esili alberelli, ora da più folta vegetazione. Una sensazione di
piacevole pace e di benessere contemplativo.
Dopo un buon pranzo a base di risotto al radicchio,
tagliatelle al cinghiale e arrosto misto, abbiamo raccolto i nostri bagagli e,
lasciato l’albergo, abbiamo raggiunto la vicina Acquasparta per assistere alla
sfilata dei carri allegorici allestiti per il carnevale. Paese in festa, maschere
e festoni, bancarelle, giochi e tanti bambini gioiosi.
I carri con scene e personaggi d’attualità in
carta pesta colorata, accompagnati da giovani in costumi variopinti sono sfilati lungo il corso principale,
chiassosi, allegri e imponenti tra ali di gente, musica, grida e batter di
mani. Uno spettacolo allegro e
piacevole.
Il crepuscolo stava diventando
sera ed era ora di ripartire per Roma.
La via del ritorno è sempre però
un po’ velata di melanconia per ciò che si lascia: luoghi vissuti e persone
conosciute, come i compagni di viaggio con cui abbiamo condiviso gioiosamente e
spensieratamente una gita di fine settimana. E un pensiero di ringraziamento va
al nostro bravo organizzatore Rodolfo nell’attesa di una nuova gita.
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