venerdì 6 febbraio 2015

IL TESORO DI PIETRANICO E LO SCULTORE LORENZO BOSSI



                                            Pietranico e sullo sfondo la Maiella

Pietranico e Bossi sono entrambi, oggi (come ieri), due nomi semisconosciuti: l’uno è un paesino di circa 500 abitanti posto a 600 metri in provincia di Pescara e l’altro uno scultore stuccatore settecentesco di origine genovese.

Nel 1932 quando la chiesa parrocchiale del paese venne smantellata per ricostruirne una più grande, intitolata a San Michele e Santa Giusta, fu rinvenuto nell’altare maggiore un biglietto scritto dal suo autore, il menzionato Bossi, nel quale questi segnalava l’esistenza di un tesoro nascosto nelle vicinanze della chiesa.


       
                                                       l'altare maggiore in una foto del 1925

Questo evento dette una certa notorietà a Pietranico verso la metà degli anni Trenta del XX secolo, scomodando il noto giornalista scrittore Orio Vergani che si recò in questa località e pubblicò sul Corriere della sera del 2 dicembre 1932 un articolo dal titolo “Mattinata alla cerca del tesoro”.  Ne riportiamo alcuni stralci significativi.


“(…) Pescara, San Giovanni Teatino, Chieti, Bivio di Manoppello, San Valentino­, Caramanico, Piano d'Orta, Torre de' Passeri, questo è l'itinerario per andare a cercare il tesoro di Pietranico (…)

E' un milanese, uno dei tanti milanesi d'adozione, - ce n'erano anche allora, -che dopo due secoli, ha fatto parlare del tesoro di Pietranico. Venne quassù, nel 1722, Lorenzo Bossi a costruire il nuovo altare della chiesetta parrocchiale di Pietranico, tirata su con le pietre di un vecchio castello diroccato. Fece tutto il suo lavoro secondo le regole d'arte del tempo, con le sue cornici a stucco, le colonne policrome a tortiglione, l'architrave barocco. Certo passò quassù qualche mese, tra questa gente semplice, cordiale e ospitale di contadini e pastori. Respirò l'aria fine d’Abruzzo, guardò il profilo azzurro della Majella, mangiò la «scamorza» o il capretto arrosolato sugli spiedi rusticani. Poi se ne andò, verso altre chiese, verso altri altari. Il suo nome era stato dimenticato, dimenticatissimo. Duecentodieci anni erano passati. Anche a Pietranico si ha bisogno di qualche novità e si scoprì, un giorno, che la vecchia chiesa doveva essere rifatta. Occorreva darle una facciata, con una porta che si aprisse sulla piazzetta e non sull'antico vicolo abbandonato, dove adesso si ammucchiano le fascine e razzolano i polli. Vennero i muratori, incominciarono a lavorare. Portati via le immagini sacre, il confessionale, una statua di terracotta, i pochi arredi, i gonfaloni, il cataletto, su cui in due secoli, son passati tutti i morti del paese, si è dato mano ad abbattere l'altare maggiore, perché lì si dovrà aprire la porta della nuova facciata.

Levata la pietra sacra, da una connessura è venuto fuori un pezzo di carta, ingiallatissimo, scritto da una vecchissima calligrafia ancora leggibile. Scriveva, nel 1722, Lorenzo Bossi:


questo altare fu fatto da me Lorenzo Bossi, genovese, abitante in Stato di Milano, l'anno 1722. E acciò sia di quachiuno la fortuna vi dico che dietro questa chiesa vi è una pietra grossa sotto la quale vi è un ripostino di che sarà di chi caverà tutta detta. pietra, la quale sta poco sotto terra, cavate che ne troverete il fondo e detta sol pietra vi basterà per fabbricarvi una casa se avrete denari. Chi ti legge  scaverà denaro, non mi dite male.


(…) Feudatari non ce ne sono stati, da queste parti. «Siamo sempre stati pastori e contadini» rispondono gli abitanti. Di monaci danarosi non si è mai sentito parlare. Di briganti nemmeno. Eppure del tesoro si è sempre parlato. Si indica, anzi, il posto preciso. In una delle pietre del campanile, un rozzo intaglio disegna qualcosa che assomiglia a un pettine. “Lì, sta - dice il valletto comunale - Lì, sotto lo segno dello spicciatore .Spicciatore, a Pietranico, è il nome del pettine. Il segno è chiaro. Tutta Pietranico, da secoli, sa cosa sta ad indicare. Anche Lorenzo Bossi, stuccatore, doveva averne sentito parlare. Ma, coi secoli, i cittadini hanno perduto la fede nel loro tesoro. Son filosofi. “Un tempo - dice uno anche mille lire erano un tesoro. Oggi ce ne verrebbe una lira a testa, perché il segreto è di nessuno, o meglio, è di tutto il paese. Vale la pena di buttar giù il campanile?”

(…)- “Quanto durerebbero i soldi, caro signore? Siamo in troppi, perché il tesoro, se c'è, possa arricchirci. Invece un campanile nuovo, un pò più alto, con una campana nuova si farebbe vedere e sentire per tutta la valle della Pescara, fino a Torre dei Passeri, a Caramanico  Si vive fuori del mondo. Qualcuno si ricorderebbe di noi... Una voce di campana parlerebbe alla vallata d'Abruzzo dal paesello romito”.

Al breve tinnio dell'oro, preferirebbero lo squillo lungo del bronzo. Cara gente, si può dar loro torto? Si parte per cercare un tesoro, e si trova l'amore e l'orgoglio per il paese nativo.

Dolce amore di campanile, così bello quando è bello, abbiamo trovato soltanto lui, sotto il segno dello spacciatore”. Orio Vergani.


Il tesoro di Pietranico non si è mai trovato! E forse il biglietto scritto da Lorenzo Bossi, che evidentemente conosceva questa credenza popolare locale,  va inteso come una burla per i paesani  che un giorno avessero deciso di  disfare il suo altare!


                                                        Arcevia nelle Marche, panorama


Nello stesso 1722,  molto probabilmente, Lorenzo Bossi partì da Pietranico e di lui non si hanno ad oggi più notizie fino agli anni 1744-45 quando lo ritroviamo attivo a Roccacontrada (Arcevia) nelle Marche, quale sopraintendente ai lavori di ristrutturazione e di riduzione in stile barocchetto della romanica chiesa di S. Francesco dei minori conventuali. Anche questa chiesa, come altri fabbricati, aveva subito gravi danni a seguito del  forte terremoto dell’aprile del 1741 che colpì questa località.  Lorenzo Bossi  eseguì nella chiesa anche le otto statue di personaggi storici poste in apposite nicchie con iscrizione esplicativa, gli altari laterali e le relative decorazioni, nonché le piccole scenette di contenuto biblico rappresentate  sulla cantoria. Nell’abside è sua la grande rappresentazione di S. Gregorio in estasi dinanzi a Cristo crocifisso (legno h.160 cm.), opera di particolare effetto scenografico.  
   





Il Bossi esprime al meglio, in S. Francesco, le sue qualità artistiche di valido plasticatore e decoratore,  facendosi anche apprezzare come ideatore del progetto di ristrutturazione della vecchia chiesa, realizzando un impianto barocco armonico ed essenziale.

Committente dei lavori fu il padre guardiano Serafino Pagni, letterato e cultore di storia locale, che fu trasferito nella seconda metà del 1747 a Roma, nel convento dei Dodici Apostoli, di cui fu anche presidente e dove morì nel 1767. Si può ritenere che la  decorazione interna della chiesa fosse compiuta entro il 1746, anno in cui si stava anche mettendo in opera il pavimento.

Lorenzo Bossi fu artista assai apprezzato in Roccacontrada per il suo intervento in S. Francesco e qui ebbe ancora diverse ed importanti commissioni.

Nella chiesa di S. Maria, degli agostiniani, anch’essa colpita dal sisma, portò a termine nel 1745 l’altare di S. Anna per volere di Filippo Filippini, un notabile rocchense. ‘E però da ritenere che il Bossi abbia qui eseguito anche altri altari per uniformità di tecnica e stile con sue opere consimili.

                                                                        S. Maria

 In occasione poi del rifacimento del teatro comunale Misa, negli anni 1752- 1755, secondo quanto ci fa sapere Giovanni Crocioni, Lorenzo Bossi decorò la limitrofa nuova sala prioralecon le immagini rilevate delle principali virtù” e specialmente con alcune figure “in biasimo dell’ozio ed in esaltazione delle virtù”.  Opere queste andate perdute nell’ottocentesco rifacimento del teatro.

A questo artista vanno infine assegnate, per stile e tecnica, alcune statue ancora oggi esistenti nel palazzo, ristrutturato nel XVIII sec., già della famiglia Franceschini, in Arcevia.




                                                     
Il Bossi si trattenne in Roccacontrada oggi Arcevia diversi anni e lasciò qui diverse sue opere. Di lui però non si hanno altre notizie.


Forse anche negli altari arceviesi ci ha lasciato, come in Pietranico un biglietto a memoria del suo passaggio e della sua esistenza come artista. Un biglietto che però non ha più bisogno di riportare la mappa di un tesoro nascosto per suscitare interesse e notorietà. In questo caso infatti il tesoro è rappresentato dalle opere che ci ha lasciato e che dobbiamo conservare a testimonianza di un artista che nel suo peregrinare ha mantenuto fermo il suo credo di vivere d’arte e per l’arte.
                                                                                       
                                                                                                         Paolo Santini

Bibliografia rif. Arcevia, opere di P. Santini:  Arcevia. Nuovo itinerario nella Storia e nell’Arte (2005) pp. 153, 193, 280, 281, 289, 291, 293;  Studi Arceviesi, 2, p. 72; Studi Arceviesi, 6, p. 113


Nessun commento:

Posta un commento