mercoledì 17 agosto 2022
“I Della Robbia nelle Marche. Epigoni robbiani nell’area Esino Misena: Ercole Ramazzani e bottega” . Presentazione del volume.
sabato 12 febbraio 2022
1989 luglio 22: “Ercole Ramazzani da Roccacontrada (Arcevia) e la pittura controriformata nelle Marche”
mercoledì 2 febbraio 2022
ANGELO ROCCA: mecenatismo artistico ed amore patrio
Vescovo e sacrista pontificio, teologo,
letterato, linguista e bibliofilo, Angelo Rocca, il fondatore dell’Angelica, la
prima biblioteca aperta al pubblico in Europa (1604), nacque in Roccacontrada,
oggi Arcevia, nella Marca Anconetana.
A 400 anni dalla morte gli rendiamo pubblico onore qui, nella sua patria, nello storico teatro comunale, Misa, con un convegno di studi che intende illustrarne la figura di religioso, studioso, bibliofilo e mecenate di artisti oltre che devoto figlio della sua tanto amata Arcevia.
Angelo Rocca nacque nel 1545, nel contado di
Roccacontrada, e molto probabilmente in quella parte del territorio soggetta
alla diocesi di Camerino (che con quelle
di Nocera, Senigallia e Fossombrone avevano giurisdizione sul comune). Ciò
spiegherebbe perché il Rocca entrò, pur giovanissimo, all’età di sette anni nel
convento agostiniano di quella città, quando anche Roccacontrada aveva un
importante monastero dello stesso ordine.
Un documento da me rintracciato e
pubblicato, menziona la casa che Tano
(Gaetano) fratello di mons. Angelo Rocca lasciò in eredità agli agostiniani
arceviesi e da questi venduta prima del marzo 1636, per 100 fiorini, ad una
certa Dorotea di Sesta.
Il
documento fugherebbe comunque ogni ipotesi che il Rocca fosse un trovatello senza famiglia. E che avesse una
filiazione legittima ce lo conferma espressamente, poi, la bolla di Paolo V del
5 giugno 1605 con cui venivano concesse al vescovo Rocca le rendite
dell’abbazia di S. Maria della Piana.
Il Rocca entrò dunque nel convento di S.
Agostino di Camerino nel 1552 ed emessa la professione religiosa, per gli
ottimi risultati da lui conseguiti in teologia, filosofia grammatica e logica,
come egli stesso ricorda, proseguì gli studi a Perugia, Roma, Venezia.
Nell’ateneo di Padova si laureò, nel
settembre 1577, in teologia “summa cum
laude summo onore”, rimanendovi del
tempo come docente.
Trasferitosi a Venezia, nel convento di S. Silvestro,
divenne amico di Aldo Manuzio il giovane, erudito umanista e stampatore, di cui
curò alcune edizioni, accrescendo le sue conoscenze filologiche, letterarie
e linguistiche. Nel 1576 aveva già pubblicato, con il Manuzio, “Le osservazioni sulla bellezza della Lingua
latina”, che gli procurò fama tra gli studiosi ed eruditi del tempo.
Tra il 1581 ed il 1582 fu chiamato a
Roma da Agostino Molari da Fivizzano (†1595)
allora vicario generale ad interim degli agostiniani e sacrista del Palazzo
Apostolico, confessore di Gregorio XIII, come suo segretario divenendo
successivamente segretario generale dell’ordine.
Il marchigiano
Sisto V, Felice Peretti, salito al soglio pontificio nel 1585 lo chiamò al suo
fianco quale collaboratore fidato e consigliere. Il Rocca, teologo e fine
linguista, colto traduttore dal latino, ebraico, arabo e caldaico,
organizzatore capace, nonché famoso emendatore di testi fu dal Papa nominato
Sovrintendente alla Tipografia vaticana, segretario della Congregazione
dell’Indice, segretario e consultore della Congregazione per l’edizione della
Bibbia, la Vulgata sistina, pubblicata nel 1590 e riedita emendata nel 1592, di
cui coordinò la pubblicazione .
Il Rocca, stretto collaboratore di Sisto
V, svolse, per i diversi cantieri papali, il delicato compito di controllare la
conformità, ivi compresa quella storico religiosa e dottrinale, delle
rappresentazioni pittoriche di arte sacra alle indicazioni conciliari, avendo
anche l’opportunità di partecipare alla loro elaborazione ideografica
Tra i cantieri sistini più importanti
ricordiamo: la nuova Biblioteca Vaticana e la Scala Santa realizzate negli anni
1587-1589 ed il Palazzo Lateranense (dal giugno 1585 al maggio 1589), tutti su
progetto e direzione dell’arch. Domenico Fontana, mentre le
decorazioni furono dirette dai
pittori Giovanni Guerra di Modena e
Cesare Nebbia di Orvieto.
Il Rocca rimase molto legato alla
propria terra natia, dove ritornava
spesso soggiornando nella casa paterna e mantenendo
rapporti stretti, specie dopo la nomina a segretario
generale dell’ordine, con gli
agostiniani del locale monastero.
A Roma il Rocca prese sotto la propria
protezione i fratelli Conti, pittori, compaesani, inserendoli nel novero degli
artisti sistini, garantendo loro la presenza nelle diverse fabbriche papali, ma
anche favorendone l’impiego in prestigiose committenze nobiliari e prelatizie.
(…)
Nel 1614, il 23 ottobre, il Rocca firmò l’ atto ufficiale di donazione, redatto dal
notaio Celso Cusano, della sua
biblioteca oramai nota come Angelica al convento di S. Agostino di Roma. Già
nel 1595 Clemente VIII lo aveva autorizzato con Breve a donare la biblioteca ad
un convento agostiniano e nel 1609 Paolo V con altro Breve ne confermò la donazione ma con destinazione
pubblica. L’Angelica era però operante da tempo come dimostrano le due lapidi,
tuttora esistenti, poste accanto all’accesso: l’una datata 1604, poi corretta
in 1605, dichiara la sua libera e
pubblica fruizione, mentre l’altra
menziona la scomunica papale per chi sottrae libri dalla biblioteca. Ed
ancora a conferma della sua operatività anteriore alla donazione è il volumetto
del 1608 “Bibliotheca Angelica Litteratorum
… dicata”, che elenca i volumi posseduti e consultabili.
Angelo
Rocca morì a Roma il 7 aprile 1620, nei palazzi vaticani dove abitava, all’età
di 75 anni.
Il suo corpo riposa
nella chiesa di S. Agostino, accanto alla Biblioteca che da lui prese il nome.
Un monumento funebre, fatto collocare dai suoi confratelli nella
navata destra, con ritratto ed epitaffio
lo ricorda come vescovo di Tagaste, Sacrista apostolico e fondatore
dell’insigne Biblioteca Angelica, uomo
eruditissimo e donatore “liberalissimo”,
benemerito della religione agostiniana. I padri del convento di S. Agostino
e i confratelli di Roma posero questa lapide per gratitudine e
benevolenza.
ESTRATTO DALL’INTERVENTO AL
CONVEGNO DEL 3 OTTOBRE 2020 RIELABORATO NEGLI ATTI IN CORSO DI PUBBLICAZIONE NEI
“QUADERNI” DELLA REGIONE MARCHE. SONO
STATI OMESSI I RAPPORTI DEL ROCCA CON ARCEVIA E GLI ARTISTI G. CIBO, E. RAMAZZANI, C. CONTI. OLTRE LE NOTE AL
TESTO.
domenica 30 gennaio 2022
LUIGI MERCANTINI, cantore e protagonista del Risorgimento”
Nel 200° anniversario della nascita del poeta e patriota marchigiano LUIGI
MERCANTINI (1821- 1872) autore famoso, tra l’altro, dell’ “Inno di Garibaldi” e
della “Spigolatrice di Sapri”, ne viene celebrata la ricorrenza nella
trasmissione:
“Adesso Web” di Stefano Battistini
Storie delle Marche – 10 a cura di Ettore Baldetti
MERCOLEDI’ 29 dicembre 2021, h. 19-20
INTERVERRANNO:
PAOLO SANTINI: Gli anni arceviesi nelle lettere e nei documenti d’archivio.
ETTORE BALDETTI: La partecipazione all’azione patriottica a Senigallia e
negli anni successivi.
Si riproduce , per questioni di spazio, uno stralcio del filmato, che può essere visto integralmente su:
Da “Gli
anni arceviesi”:
In Arcevia a formare agli ideali della Patria le giovani generazioni
provvedeva il patriota e poeta LUIGI
MERCANTINI (19 settembre 1821 Ripatransone † 17 novembre 1872 Palermo),
insegnante di retorica e grammatica dal 1841. Trasferitosi poi a
Senigallia, docente nel Seminario
diocesano e quindi nel ginnasio comunale, sposò nel 1845 l’arceviese ANNETTA
BRUNI sorella dei patrioti Pacifico e Gabriele. A Senigallia la giovane, dopo
lunga malattia, immaturamente morì. Il poeta rimase particolarmente legato ad Arcevia dove
risiedeva la famiglia Bruni, almeno finché Annetta visse, venendo qui con una
certa frequenza. La malattia che portò alla morte la sua amatissima compagna fu oggetto però di forti dissapori
con i Bruni specie con il suocero Francesco che sfociò alla fine in una
definitiva loro rottura. Ma il poeta non
superò facilmente la perdita della sua dolcissima Annetta conservando in cuor
suo e per lungo tempo il doloroso ricordo
del suo primo grande amore. Ancora nel 1853 il suo pensiero a lei rivolto,
venato di penetrante nostalgia, gli detterà questi delicati e tenerissimi
versi, inseriti nel VI canto del “Tito Speri”:
Anch’io,
poc’oltre il quarto lustro appena
Una
leggiadra donzelletta amai
Là
sui cari Appennini, e inanellata
Con
la mia gemma la portai tra ’l gaudio
De
le paterne case. Ella non vide
Che
un breve tempo di fuggevol gioia,
Né
volle il Ciel che a le sventure mie
Fosse
compagna. Sol di venti lune
A
noi rise il bel raggio: e allor che presso
Era
a farmi gioir ne la sembianza
D’un
primo nato, il settim anno or volge,
Mi
dié gli ultimi baci! Immota e fredda
Era
sua spoglia, ed io chinato ancora
Sul
suo volto mi stavo (...).
Fervente patriota, il poeta Mercantini in
prosieguo di tempo attenuò il rigore classicista e colto dei suoi versi per
dar vita ad una poesia più popolare, didascalica e divulgativa. L’Inno
di guerra , scritto nel 1848
e musicato da G. Zampettini, ebbe larga diffusione tra i volontari italiani
nella campagna del Lombardo Veneto e nella difesa di Venezia. Dopo questo
componimento il Mercantini seguì con le
sue liriche le vicende del nostro Risorgimento, divenendo uno dei principali
esponenti della poesia patriottica.
Con
l’annessione delle Marche al Regno Sabaudo, il Mercantini vi ritornò come segretario del commissario
straordinario Valerio. Nel 1860 fondò il quotidiano liberale Corriere delle
Marche, di cui fu il primo direttore. Venne anche nominato docente di storia e di estetica all'Accademia delle Belle Arti di Bologna.
Il 3
febbraio 1861 fu eletto deputato alla Camera dei deputati del Regno d'Italia nel collegio di Fabriano (Ancona),
con voti 157 su 195 votanti, ma la sua elezione venne annullata. Per questo
collegio verrà eletto l’arceviese Giovanni Battista Carletti Giampieri.
Ebbe stretti
rapporti di amicizia con Garibaldi che, ricordando “l’Inno” che il poeta aveva
a lui dedicato, ebbe a scrivergli:
“Vi
ringrazio tanto per i sensi vostri affettuosi verso di me, e vi sono veramente
amico
del cuore. Il vostro bellissimo inno fa furore in Italia, ed io ve ne usurpo
la
maggior gloria, avendolo il popolo coperto del mio nome. L’Italia per virtù
vostra ha finalmente un inno”.
Inno garibaldino
Si scopron le tombe, si levano i morti,
I martiri nostri son tutti risorti,
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
La fiamma ed il nome d'Italia sul cor.
Corriamo! Corriamo! su O giovani schiere,
Su al vento per tutto nostre bandiere
Su tutti col ferro, su tutti col fuoco,
Su tutti col fuoco d'Italia nel cor.
Va' fuori d'Italia! va'
fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia! va' fuori, stranier! (…)
La spigolatrice di
Sapri
Eran trecento, eran
giovani e forti, e sono morti!
Me ne andavo un mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e noi non fecer guerra.(…).
Morì a
Palermo, dove dal 1865 insegnava Letteratura italiana presso questa università,
il 17 novembre 1872. E’ qui sepolto nel cimitero di S. Maria del Gesù.
Per approfondire “Luigi Mercantini.Gli
anni arceviesi” vedi “Studi Arceviesi”,
n. 7, pp. 51-70.
venerdì 14 gennaio 2022
Presentazione del libro: "Sito ed origine di Roccacontrada" (8 agosto 2009)
In ricordo di S.E. il cardinale Elio Sgreccia e dell'on. Patrizia Casagrande, Presidente della Provincia di Ancona:
Presentazione del libro: