mercoledì 17 agosto 2022

“I Della Robbia nelle Marche. Epigoni robbiani nell’area Esino Misena: Ercole Ramazzani e bottega” . Presentazione del volume.

La mostra a carattere regionale “Itinerari robbiani” tenutasi nel 2014, ha proposto un suggestivo ed interessante itinerario turistico culturale nelle località marchigiane che gelosamente ancora conservano opere robbiane. Tra queste Arcevia che primeggia per numero e qualità, possedendone alcune inviate da Firenze ed altre eseguite in “loco” da fra Mattia Della Robbia. Intento degli organizzatori era tra l’altro di rendere tale esposizione permanente predisponendo allo scopo una pubblicazione che oltre a prendere in esame le opere esistenti nelle Marche menzionasse anche quelle perdute, rubate o vendute, nonché attribuite erroneamente. Con la pubblicazione del mio volume “I Della Robbia nelle Marche”, finanziato dalla Regione Marche e con il contributo del comune di Arcevia, si viene a colmare questo vuoto documentario, ricostruendo gli avvenimenti che hanno consentito ai due frati Della Robbia, figli di Andrea, il loro trasferimento nella regione dove hanno diffuso gli ultimi bagliori della prestigiosa arte degli invetriati robbiani. Il libro presenta un apparato consistente di foto in b/n e a colori, con un capitolo introduttivo su questa importante famiglia di scultori plasticatori fiorentini. Viene inoltre “riscoperta” l’importante Romita di S. Girolamo, oggi scomparsa, punto di riferimento per la committenza delle robbiane a Firenze nonché per l’attività arceviese di fra Mattia, presentando un nucleo di disegni del romitaggio, ed altri attinenti, eseguiti da Gherardo Cibo, il grande artista e botanico arceviese, come testimonianza della sua frequentazione del sito, dei frati e della stessa chiesa. In Appendice anche “Il libro dei conti di S. Girolamo”, iniziato nel 1509.. Vengono infine prese in esame le terrecotte di ispirazione robbiana ma di produzione locale, in particolare un gruppo alquanto omogeneo esistente nell’area esino misena già attribuite dallo scrivente a Ercole Ramazzani ed alla sua bottega per concordanze stilistiche, temporali e storiche , ora riproposte supportate da nuovi elementi documentari e confronti fotografici.
I DELLA ROBBIA: una famiglia di artisti, maestri insuperati della terracotta invetriata La scultura in terracotta assai apprezzata nell’antichità, fu quasi dimenticata nel Medio Evo. Ebbe una sua rinascita agli inizi del Quattrocento, in concomitanza con la più vasta riscoperta del mondo antico, soprattutto per opera di grandi artisti come Donatello, Ghiberti, Brunelleschi e Luca Della Robbia. L’utilizzo, in età rinascimentale, della terracotta invetriata nelle opere d’arte a rilievo fu un’innovazione di rilevante portata che va ascritta proprio a Luca Della Robbia, uno dei protagonisti della scultura fiorentina del Quattrocento. Di tale “invenzione” ce ne dà conto già il Vasari nelle sue “Vite dei più eccellenti pittori, scultori, architetti” scritte nella seconda metà del Cinquecento, affermando che Luca trovò il modo di “difendere le opere in terracotta dalle ingiurie del tempo”. E ottenne ciò dando loro “una coperta d’invetriato addosso, fatto con stagno, terra ghetta, antimonio ed altri minerali e misture cotte al fuoco d’una fornace apposta”. Le opere di terra divenivano così “quasi eterne”. “Del qual modo di fare , come quello che ne fu inventore, riportò lode grandissima, e glie ne avranno obbligo tutti i secoli che verranno” Le elevate qualità artistiche della produzione robbiana, ed una richiesta sempre più pressante di opere, consentirono a Luca di impiantare, nella casa bottega di via Guelfa a Firenze acquistata con il fratello Marco, una fiorente attività economica che ebbe enorme fortuna e fu proseguita dal nipote Andrea e dai suoi figli, fra Mattia, Giovanni, fra Ambrogio, Luca il giovane e Girolamo, sino al terzo decennio del XVI secolo. Una produzione artistica, raffinata ed originale, che ebbe un successo straordinario anche al di fuori dei confini nazionali, favorito dalla possibilità di lavorare le terrecotte a pezzi di varia misura facilitandone il trasporto e quindi la loro ricomposizione da parte di maestranze locali.
I DELLA ROBBIA NELLE MARCHE La diffusione delle robbiane nelle Marche, regione seconda solo alla Toscana per numero di manufatti invetriati e dipinti, prese avvio verso la metà del XV secolo con l’invio ad Urbino da parte di Luca Della Robbia della lunetta con la Madonna, Bambino e Santi per il portale della chiesa di S. Domenico. Negli ultimi venti anni del Quattrocento altre opere vennero ad arricchire il Montefeltro ed il pesarese. Dal secondo decennio del Cinquecento si registra poi una nutrita presenza di robbiane nell’Anconetano, in particolare in Arcevia, che oggi può vantare di possedere, nella regione, il nucleo più consistente. Queste arceviesi risultano eseguite, alcune nella bottega di via Guelfa, diretta da Giovanni Della Robbia, altre “in loco” da fra Mattia della Robbia, qui attivo negli anni 1520-1524, e la cui presenza è documentata nella Romita di S. Girolamo. Nel Maceratese, infine, dove dalla metà all’incirca del terzo decennio del XVI secolo si trasferirono i due figli domenicani di Andrea Della Robbia, Francesco (frate Ambrogio) e Marco (frate Mattia), impiantandovi una fiorente bottega, si conclude la fortunata parabola dell’arte robbiana con la scomparsa dei due artisti, tra il 1528 e il 1532.
EPIGONI ROBBIANI NELL’AREA ESINO MISENA: ERCOLE RAMAZZANI E BOTTEGA La diffusione ed il successo riscontrato dalle opere robbiane in ambito marchigiano, hanno certamente favorito la produzione locale di invetriati ed in particolare di terrecotte policrome dipinte a freddo: un mezzo espressivo più povero ed economico rispetto all’invetriato, ma capace di suscitare nei fedeli, per una resa più naturalistica dei personaggi, un maggior coinvolgimento emotivo e devozionale. Nell’anconetano,ed in particolare nell’area esino misena, è conservato un interessante nucleo di terrecotte dipinte ascrivibile, per i caratteri stilistici e tecnici che le accomuna, ad una stessa bottega locale, “ricettiva degli stimoli prodotti dalla presenza dei fratelli Della Robbia”. Un primo gruppo di pale d’altare rappresenta, in modo originale e non più ripetuto, la ricomposizione di due iconografie ricorrenti nelle Marche del XVI secolo: quelle della Madonna della misericordia e della Madonna del rosario . Figurazioni che sottintendono situazioni di disagio spirituale e culturale legate all’inquietudine tipica del tempo. Ne fanno parte i dossali di Avacelli di Arcevia, di Murazzano e delle chiese di S. Francesco e S. Pietro di Sassoferrato, ed ancora di Serrasanquirico e di Genga. Nel complesso menzionato di terrecotte vanno ricompresi i Presepi a figure mobili in terracotta dipinta, conservati nella Pinacoteca comunale di Jesi, in S. Medardo di Arcevia e nel convento di S. Pacifico in Sanseverino Marche, il crocifisso in S. Lorenzo di Avacelli di Arcevia ed altro piccolo murato in una nicchia esterna alla chiesa di S. Medardo. Tutte queste opere vennero inizialmente assegnate al pittore sassoferratese Pietro Paolo Agabiti. Non esistono, allo stato, documenti che provino l’attività scultorea dell’Agabiti, né tantomeno che attestino essere stato il padre del pittore, Agabito, proprietario della Vasaria di Sassoferrato, una fabbrica di ceramiche, dove l’artista avrebbe inizialmente esercitato questa arte. L’Agabiti rivolge i suoi interessi figurativi verso il Veneto e la Romagna, mentre lo scultore dei dossali in terracotta guarda ai Della Robbia , ispirato in particolare alle loro opere arceviesi. Questo complesso di terrecotte si ritiene invece eseguito dal pittore Ercole Ramazzani (1537ca.- 1598) di Roccacontrada (Arcevia),ed alla sua bottega, la cui attività anche di plasticatore è documentata sin dal 1563, anno in cui risulta impegnato nel rifacimento del crocifisso “grande” ed in altri lavori di terracotta nella chiesa di S. Gianne di Rocccacontrada. A lui va riconosciuta la paternità di questi lavori per le affinità stilistiche, tecniche e fisionomiche con le sue opere pittoriche.
IL LIBRO SI COMPONE DI 200 PAGINE CON 90 FOTO IN B/N, E 50 A COLORI PREZZO DI COPERTINA: 23 €. SI PUO’ ACQUISTARE IN ARCEVIA (edicola) E IN TUTTE LE LIBRERIE, ANCHE SU AMAZON. EXORMA ED.

sabato 12 febbraio 2022

1989 luglio 22: “Ercole Ramazzani da Roccacontrada (Arcevia) e la pittura controriformata nelle Marche”

1° Congresso Nazionale con interventi di: Marisa Abbondanzieri, sindaco, Ennio d’Incecco, assessore alla cultura, Armando Ginesi, Daniela Matteucci, Paolo Santini e Bruno d’Arcevia. Biblioteca comunale, ex chiesa di S. Giovanni Battista. Ore 21, Palazzo dei Priori: Inaugurazione della prima mostra personale in Arcevia del pittore Bruno d’Arcevia. In apertura del convegno, dopo i saluti di rito del sindaco Abbondanzieri, dell’assessore alla cultura d’Incecco e l’intervento del prof. Ginesi che lo presiede, il m° Bruno d’Arcevia legge uno scritto inviato dal prof. Claudio Strinati, assente per impegni di lavoro. Ne riportiamo alcuni stralci significativi: "(…) Non esito ad affermarlo, una personalità fino ad oggi ingiustamente trascurata come quella del Ramazzani rientra a pieno titolo nella Storia dell’Arte italiana. Mentre celebriamo l’ illustre artista del passato ci accingiamo ad inaugurare una mostra di un c"oncittadino illustre che ha voluto legare al proprio nome la sua terra natale. Fu l’arte del Ramazzani un’arte dotta che elaborò lungamente complesse tradizioni iconografiche inserendosi in quel grande alveo dell’arte contro riformata, ricca di straordinari esiti in ogni parte d’ Italia. Bruno d’Arcevia, invece, è un revocatore del mito antico classico e pagano. Il mondo che ci presenta è, per così dire,un mondo al di fuori del tempo in cui contemplare un patrimonio di nozioni e di esperienze che appartengono un po’ a tutta l’Umanità (…)". Prende quindi la parola la dott.ssa Matteucci, che inquadra la figura del Ramazzani nel contesto della contemporanea arte delle Marche riconoscendogli un meritorio e personale eclettismo che attinge ai filoni pittorici tosco-romano-veneti. Prende quindi in esame con valutazioni critiche e confronti stilistici le più importanti opere del Ramazzani , sparse in tutta la regione. “ (…) il fondere in modo originale stili diversi fa parte della cultura del Ramazzani, eclettica, singolare, profonda. Fino ad oggi trascurato, Ramazzani merita invece una giusta rivalutazione, che si è tentata, dimostrandone il valore culturale all’interno del manierismo nelle Marche”. Il dott. Santini, nel suo intervento, puntualizza come “ l’ambiente arceviese, pur provinciale e circoscritto ma assai ricco di fermenti abbia consentito al Ramazzani di recepire i primi stimoli culturali ed artistici che formarono i sedimenti della sua eclettica e complessa personalità. L’incontro con il Lotto, i suoi viaggi a Roma e forse a Firenze, i frequenti spostamenti nelle Marche per eseguire le opere commissionate, gli consentirono di arricchire il suo mondo pittorico non solo attraverso la conoscenza dei grandi artisti del passato, ma soprattutto delle contemporanee correnti pittoriche. Egli seppe pervenire ad un linguaggio personale e compiuto recependo sì le istanze innovatrici, ma tenendo ben salde le radici della più rigida tradizione cattolica”. Il convegno è stata occasione favorevole per recuperare da ingiusta dimenticanza critica la figura del Ramazzani, pittore non secondario nel panorama artistico controriformato marchigiano. Tra i diversi temi affrontati due in particolare sono risultati di particolare interesse per averne consentito una molto attendibile loro definizione: il luogo e la data di nascita del Ramazzani. Al riguardo il dott. Santini ha sostenuto, contrariamente a quanto ritenuto sinora, che “all ‘artista anche nei più antichi documenti che lo riguardano, viene sempre riferita la provenienza da Roccacontrada (Arcevia) e non dal suo contado. Distinzione questa che veniva puntigliosamente precisata in ogni atto pubblico o privato che fosse”. Circa la data di nascita, ancora il dott. Santini, con argomentazioni di carattere storico e giuridico, e prendendo in esame il diario del Lotto che in modo puntuale riportava i vari passaggi relativi all’apprendistato del Ramazzani, sottolinea come nel dicembre 1550 il Lotto faccia l’accordo per un anno con l’orefice Francesco in nome e per conto del padre di Ercole, mentre nel successivo nuovo accordo che doveva valere per tre anni il consenso richiesto riguarda sia Ercole che suo padre. Rifacendosi all’ordinamento allora vigente di derivazione romano giustinianea, per cui il minore di 14 anni poteva compiere atti giuridici solo avvalendosi di un tutore (il padre se lo aveva) e che al compimento di quell’età il suo consenso doveva essere integrato da quello paterno, il Santini applicando tale normativa al richiamato accordo con il Lotto ritiene che il Ramazzani nel 1551 abbia compiuto 14 anni e quindi che sia nato nel 1537. Gli atti del Convegno sono stati pubblicati nel primo numero di “Studi Arceviesi”, alle pp. 5- 68, pubblicato nel 1994 in occasione della fondazione del Centro Studi Arceviesi di cui venne eletto presidente il dott. Paolo Santini e vice presidenti padre Stefano Troiani ed il m° Bruno d’Arcevia.

mercoledì 2 febbraio 2022

ANGELO ROCCA: mecenatismo artistico ed amore patrio










Vescovo e sacrista pontificio, teologo, letterato, linguista e bibliofilo, Angelo Rocca, il fondatore dell’Angelica, la prima biblioteca aperta al pubblico in Europa (1604), nacque in Roccacontrada, oggi Arcevia, nella Marca Anconetana.                                  

A 400 anni dalla morte gli rendiamo pubblico onore qui, nella sua patria, nello storico teatro comunale, Misa, con un convegno di studi che intende illustrarne la figura di religioso, studioso, bibliofilo e mecenate di artisti oltre che devoto figlio della sua tanto amata Arcevia. 

Angelo Rocca nacque nel 1545, nel contado di Roccacontrada, e molto probabilmente in quella parte del territorio soggetta alla diocesi di Camerino (che con  quelle di Nocera, Senigallia e Fossombrone avevano giurisdizione sul comune). Ciò spiegherebbe perché il Rocca entrò, pur giovanissimo, all’età di sette anni nel convento agostiniano di quella città, quando anche Roccacontrada aveva un importante monastero dello stesso ordine.

Un documento da me rintracciato e pubblicato,  menziona la casa che Tano (Gaetano) fratello di mons. Angelo Rocca lasciò in eredità agli agostiniani arceviesi e da questi venduta prima del marzo 1636, per 100 fiorini, ad una certa  Dorotea di Sesta.

            Il documento fugherebbe comunque ogni  ipotesi che il Rocca fosse  un trovatello senza famiglia. E che avesse una filiazione legittima ce lo conferma espressamente, poi, la bolla di Paolo V del 5 giugno 1605 con cui venivano concesse al vescovo Rocca le rendite dell’abbazia di S. Maria della Piana.

Il Rocca entrò dunque nel convento di S. Agostino di Camerino nel 1552 ed emessa la professione religiosa, per gli ottimi risultati da lui conseguiti in teologia, filosofia grammatica e logica, come egli stesso ricorda, proseguì gli studi a Perugia, Roma, Venezia. Nell’ateneo di Padova  si laureò, nel settembre 1577, in teologia “summa cum laude summo onore”, rimanendovi  del tempo come docente.

            Trasferitosi  a Venezia, nel convento di S. Silvestro, divenne amico di Aldo Manuzio il giovane, erudito umanista e stampatore, di cui curò alcune edizioni, accrescendo le sue conoscenze filologiche, letterarie e  linguistiche. Nel 1576  aveva già pubblicato, con il Manuzio, “Le osservazioni sulla bellezza della Lingua latina”, che gli procurò fama tra gli studiosi ed eruditi del tempo.

Tra il 1581 ed il 1582 fu chiamato a Roma da Agostino Molari da  Fivizzano (†1595) allora vicario generale ad interim degli agostiniani e sacrista del Palazzo Apostolico, confessore di Gregorio XIII, come suo segretario divenendo successivamente segretario generale dell’ordine.

           

            Il marchigiano Sisto V, Felice Peretti, salito al soglio pontificio nel 1585 lo chiamò al suo fianco quale collaboratore fidato e consigliere. Il Rocca, teologo e fine linguista, colto traduttore dal latino, ebraico, arabo e caldaico, organizzatore capace, nonché famoso emendatore di testi fu dal Papa nominato Sovrintendente alla Tipografia vaticana, segretario della Congregazione dell’Indice, segretario e consultore della Congregazione per l’edizione della Bibbia, la Vulgata sistina, pubblicata nel 1590 e riedita emendata nel 1592, di cui  coordinò la pubblicazione .

Il Rocca, stretto collaboratore di Sisto V, svolse, per i diversi cantieri papali, il delicato compito di controllare la conformità, ivi compresa quella storico religiosa e dottrinale, delle rappresentazioni pittoriche di arte sacra alle indicazioni conciliari, avendo anche l’opportunità di partecipare alla loro elaborazione ideografica

 

Tra i cantieri sistini più importanti ricordiamo: la nuova Biblioteca Vaticana e la Scala Santa realizzate negli anni 1587-1589 ed il Palazzo Lateranense (dal giugno 1585 al maggio 1589), tutti su progetto e direzione dell’arch. Domenico Fontana, mentre  le  decorazioni  furono dirette dai pittori  Giovanni Guerra di Modena e Cesare Nebbia di Orvieto.

 

Il Rocca rimase molto legato alla propria terra natia, dove ritornava spesso soggiornando nella  casa  paterna  e  mantenendo rapporti stretti, specie  dopo la  nomina  a segretario  generale   dell’ordine, con gli agostiniani del locale monastero.

 

A Roma il Rocca prese sotto la propria protezione i fratelli Conti, pittori, compaesani, inserendoli nel novero degli artisti sistini, garantendo loro la presenza nelle diverse fabbriche papali, ma anche favorendone l’impiego in prestigiose committenze nobiliari e prelatizie.

 (…)

Nel 1614, il 23 ottobre, il Rocca firmò  l’ atto ufficiale di donazione, redatto dal notaio Celso Cusano,  della sua biblioteca oramai nota come Angelica al convento di S. Agostino di Roma. Già nel 1595 Clemente VIII lo aveva autorizzato con Breve a donare la biblioteca ad un convento agostiniano e nel 1609 Paolo V con altro Breve  ne confermò la donazione ma con destinazione pubblica. L’Angelica era però operante da tempo come dimostrano le due lapidi, tuttora esistenti, poste accanto all’accesso: l’una datata 1604, poi corretta in 1605,  dichiara la sua libera e pubblica fruizione, mentre l’altra  menziona la scomunica papale per chi sottrae libri dalla biblioteca. Ed ancora a conferma della sua operatività anteriore alla donazione è il volumetto del 1608 “Bibliotheca Angelica Litteratorum … dicata”, che elenca i volumi posseduti e consultabili.  

Angelo Rocca morì a Roma il 7 aprile 1620, nei palazzi vaticani dove abitava, all’età di 75 anni.

Il suo corpo riposa nella chiesa di S. Agostino, accanto alla Biblioteca che da lui prese il nome. Un monumento funebre, fatto collocare dai suoi confratelli  nella  navata destra, con ritratto ed epitaffio  lo ricorda come vescovo di Tagaste, Sacrista apostolico e fondatore dell’insigne Biblioteca Angelica,  uomo eruditissimo e donatore  “liberalissimo”, benemerito della religione agostiniana. I padri del convento di S. Agostino e  i confratelli di Roma  posero questa lapide per gratitudine e benevolenza.

 

ESTRATTO DALL’INTERVENTO AL CONVEGNO DEL  3  OTTOBRE 2020 RIELABORATO   NEGLI ATTI IN CORSO DI PUBBLICAZIONE NEI “QUADERNI” DELLA REGIONE MARCHE.  SONO STATI OMESSI I RAPPORTI DEL ROCCA CON ARCEVIA E GLI ARTISTI G. CIBO,  E. RAMAZZANI, C. CONTI. OLTRE LE NOTE AL TESTO.

















domenica 30 gennaio 2022

LUIGI MERCANTINI, cantore e protagonista del Risorgimento”

 

Nel 200° anniversario della nascita del poeta e patriota marchigiano LUIGI MERCANTINI (1821- 1872) autore famoso, tra l’altro, dell’ “Inno di Garibaldi” e della “Spigolatrice di Sapri”, ne viene celebrata la ricorrenza nella trasmissione:

“Adesso Web” di Stefano Battistini

 

Storie delle Marche – 10 a cura di Ettore Baldetti

MERCOLEDI’ 29 dicembre 2021, h. 19-20

 

INTERVERRANNO:

 

PAOLO SANTINI: Gli anni arceviesi nelle lettere e nei documenti d’archivio.

 

ETTORE BALDETTI: La partecipazione all’azione patriottica a Senigallia e negli anni successivi.

 


Si riproduce , per questioni di spazio, uno stralcio del filmato, che può essere visto integralmente  su:


Da “Gli anni arceviesi”:

 

In Arcevia a formare agli ideali della Patria le giovani generazioni provvedeva  il patriota e poeta LUIGI MERCANTINI (19 settembre 1821 Ripatransone † 17 novembre 1872 Palermo), insegnante di retorica e grammatica dal 1841. Trasferitosi poi a Senigallia,  docente nel Seminario diocesano e quindi nel ginnasio comunale, sposò nel 1845 l’arceviese ANNETTA BRUNI sorella dei patrioti Pacifico e Gabriele. A Senigallia la giovane, dopo lunga malattia, immaturamente morì. Il poeta rimase  particolarmente legato ad Arcevia dove risiedeva la famiglia Bruni, almeno finché Annetta visse, venendo qui con una certa frequenza. La malattia che portò alla morte la sua amatissima  compagna fu oggetto però di forti dissapori con i Bruni specie con il suocero Francesco che sfociò alla fine in una definitiva loro rottura.  Ma il poeta non superò facilmente la perdita della sua dolcissima Annetta conservando in cuor suo e  per lungo tempo il doloroso ricordo del suo primo grande amore. Ancora nel 1853 il suo pensiero a lei rivolto, venato di penetrante nostalgia, gli detterà questi delicati e tenerissimi versi, inseriti nel VI canto del “Tito Speri”: 

 

 

Anch’io, poc’oltre il quarto lustro appena

Una leggiadra donzelletta amai

Là sui cari Appennini, e inanellata

Con la mia gemma la portai tra ’l gaudio

De le paterne case. Ella non vide

Che un breve tempo di fuggevol gioia,

Né volle il Ciel che a le sventure mie

Fosse compagna. Sol di venti lune

A noi rise il bel raggio: e allor che presso

Era a farmi gioir ne la sembianza

D’un primo nato, il settim anno or volge,

Mi dié gli ultimi baci! Immota e fredda

Era sua spoglia, ed io chinato ancora

Sul suo volto mi stavo (...). 

 

 

Fervente patriota, il poeta Mercantini in prosieguo di tempo attenuò il rigore classicista e colto dei suoi versi  per  dar vita  ad una poesia  più popolare, didascalica e divulgativa. L’Inno di guerra , scritto nel 1848 e musicato da G. Zampettini, ebbe larga diffusione tra i volontari italiani nella campagna del Lombardo Veneto e nella difesa di Venezia. Dopo questo componimento il Mercantini  seguì con le sue liriche le vicende del nostro Risorgimento, divenendo uno dei principali esponenti della poesia patriottica.

Con l’annessione delle Marche al Regno Sabaudo, il Mercantini  vi ritornò come segretario del commissario straordinario Valerio. Nel 1860 fondò il quotidiano liberale Corriere delle Marche, di cui fu il primo direttore. Venne anche nominato docente di storia e di estetica all'Accademia delle Belle Arti di Bologna.

Il 3 febbraio 1861 fu eletto deputato alla Camera dei deputati del Regno d'Italia nel collegio di Fabriano (Ancona), con voti 157 su 195 votanti, ma la sua elezione venne annullata. Per questo collegio verrà eletto l’arceviese Giovanni Battista Carletti Giampieri.

Ebbe stretti rapporti di amicizia con Garibaldi che, ricordando “l’Inno” che il poeta aveva a lui dedicato, ebbe a scrivergli:

“Vi ringrazio tanto per i sensi vostri affettuosi verso di me, e vi sono veramente

amico del cuore. Il vostro bellissimo inno fa furore in Italia, ed io ve ne usurpo

la maggior gloria, avendolo il popolo coperto del mio nome. L’Italia per virtù

vostra ha finalmente un inno”.

 

Inno garibaldino

Si scopron le tombe, si levano i morti,
I martiri nostri son tutti risorti,
Le spade nel pugno, gli allori alle chiome,
La fiamma ed il nome d'Italia sul cor.
Corriamo! Corriamo! su O giovani schiere,
Su al vento per tutto nostre bandiere
Su tutti col ferro, su tutti col fuoco,
Su tutti col fuoco d'Italia nel cor.

Va' fuori d'Italia! va' fuori ch'è l'ora!
Va' fuori d'Italia! va' fuori, stranier! (…)

 

La spigolatrice di Sapri

 

Eran trecento, eran giovani e forti, e sono morti!
Me ne andavo un mattino a spigolare
quando ho visto una barca in mezzo al mare:
era una barca che andava a vapore,
e alzava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
è stata un poco e poi si è ritornata;
s’è ritornata ed è venuta a terra;
sceser con l’armi, e noi non fecer guerra.(…).

 

Morì a Palermo, dove dal 1865 insegnava Letteratura italiana presso questa università, il 17 novembre 1872. E’ qui sepolto nel cimitero di S. Maria del Gesù.

 

Per approfondire “Luigi Mercantini.Gli anni arceviesi”  vedi “Studi Arceviesi”, n. 7, pp. 51-70.

 

 

 

  

venerdì 14 gennaio 2022

Presentazione del libro: "Sito ed origine di Roccacontrada" (8 agosto 2009)

 In ricordo di S.E. il cardinale Elio Sgreccia e dell'on. Patrizia Casagrande, Presidente della Provincia di Ancona:

8 agosto 2009, nel salone delle feste del cinquecentesco palazzo Mannelli.


Presentazione del libro:
"Sito ed origine di Roccacontrada" di Lelio Tasti (MS 1636) a cura di Paolo Santini.
Interventi, oltre i nominati, di: Andrea Bomprezzi, sindaco di Arcevia ed Orfeo Pagnani, editore.
Dopo circa quattrocento anni dalla sua redazione viene dato alle stampe nella accurata veste delle edizioni Exòrma, il manoscritto "De situ et origine Rocchae Contratae" di Lelio Tasti (1636), conservato nell’Archivio storico comunale arceviese. Questa è la prima storia organica ed autorevole di Arcevia, opera di grande valore documentario a cui hanno nel tempo copiosamente attinto tutti gli studiosi che si sono interessati di questi luoghi. Dice il Tasti: «Ho osato metter mano all’impresa di far emergere dalle tenebre la mia Patria […] per amore verso di lei […].» L’opera si rivela di particolare interesse per la ricchezza dei documenti originali trascritti, spesso integrali, per la sua esposizione piana, arricchita da autorevoli citazioni di autori antichi e contemporanei. Il Tasti, ecclesiastico riguardevole e letterato, è scrittore raffinato, acuto e sensibile testimone del suo tempo. Di Rocca Contrada, fornisce interessanti notizie sulla sua amministrazione, sul territorio ed i suoi abitanti, sulle attività economiche ed artigianali, sulle feste e i divertimenti. Ma soprattutto sottolinea la sua importanza politica e strategica, prende attenta nota degli accadimenti nazionali connessi spesso con eventi europei e registra adeguatamente gli eventi significativi. Tasti riferisce, ad esempio, del Giubileo di S. Medardo concesso da Bonifacio IX con lettera apostolica del 1393 e confermato ed ampliato da Gregorio XIII nel 1579, riportando integralmente le lettere apostoliche dei Papi, nonché la bolla di Celestino V. Già all’inizio del 1200 Rocca Contrada, che «ha la forma di una nave da guerra romana rovesciata di cui la poppa è il cassero e la prora il belvedere», per la sua imprendibile posizione fortificata, posta strategicamente a controllo di una via di comunicazione importante tra le Marche, la Toscana e Roma, può essere ritenuta la Chiave della Marca d’Ancona. Per l’aria «sana, la bellezza del luogo, l’ottimo vino e l’abbondanza di acqua freschissima, la fertilità dei terreni e la grande abbondanza di tutti i prodotti necessari al vivere umano, è la sede preferita dai cardinali, dai principi e dagli uomini illustri». Tra i personaggi arceviesi menzionati dal Tasti (tra cui spiccano i vescovi Ugolino, Girolamo Mannelli e Angelo Rocca) occupa un posto particolare il principe Gherardo Cibo. Il Tasti fu il primo a parlare del Cibo e soprattutto a capirne il valore come artista e come botanico, esprimendo nei suoi confronti un giudizio critico positivo e netto. Oggi Gherardo Cibo è cosiderato tra i maggiori paesaggisti della seconda metà del Cinquecento. Il volume è introdotto da un prezioso intervento filologico e storiografico del curatore Paolo Santini che sottolinea efficacemente lo straordinario valore della testimonianza del Tasti e l’importanza della edizione attuale in occasione della quale si rintracciano inediti documenti. Tra gli altri sono emersi importanti elementi che sembrano consentire oltre ogni ragionevole dubbio di riattribuire autenticità ad un dipinto di Bernardo Strozzi, artista di rilievo del ’600 italiano, custodito in Arcevia nella parrocchiale di San Medardo. (testo a cura dell'editore)

mercoledì 20 settembre 2017

STUDI ARCEVIESI 7






E’ di questi giorni la pubblicazione e la presentazione del numero 7  di “Studi Arceviesi” la rivista già edita dal Centro Studi Arceviesi, e da me diretta,   che raccoglie oramai da molti anni (il primo numero risale al 1994) gli esiti di ricerche e approfondimenti di carattere storico artistico che riguardano il territorio arceviese e le Marche.    
Questo volume esce con sensibile ritardo rispetto al precedente (2009) per le note difficoltà economiche che hanno interessato in questi anni il nostro Paese e  viene  pubblicato senza contributi di sorta.
La usa editazione coincide con un evento per noi particolarmente doloroso: la sopraggiunta morte del caro amico padre Stefano Troiani, vicepresidente del Centro Studi Arceviesi, insieme al maestro Bruno d’Arcevia, e cofondatore con lo scrivente della pubblicazione “Studi arceviesi”. 
A lui vogliamo dedicare questo numero a ricordo indelebile della nostra lunga amicizia.







INDICE DEGLI ARGOMENTI TRATTATI


Angelo Rocca, lettere al Gonfaloniere e ai Priori di Roccacontrada      

La pianta panoramica di Roccacontrada eseguita da Ercole Ramazzani e il disegno  del manoscritto Ridolfi, attribuito a Gherardo Cibo                                                                            

Andrea Vici, un importante documento inedito                                   .

Domenico Valli da Gubbio, maestro di legname, a Roccacontrada, autore del coro per la chiesa di S. Lucia delle monache clarisse e  dell’altare del SS.mo Sacramento nella collegiata di S.Medardo                                                 

Lorenzo Bossi, architetto, scultore e stuccatore genovese: un artista itinerante nell’Italia del XVIII secolo                                                

Luigi Mercantini il cantore di Garibaldi e del Risorgimento italiano. Gli anni arceviesi nelle lettere e nei documenti d’archivio                                  

Il servizio pubblico di messaggeria Senigallia-Arcevia-Sassoferrato:   l’esperimento della “locomobile” a vapore De Dion Bouton del 1903 e l’avvio del servizio regolare, nel 1911, con le vetture a benzina Gaggenau            

Cronaca arceviese degli anni 1903-1904  da  Il Sentino, giornale periodico (ogni venti giorni) stampato a Sassoferrato, dal 1899 al 1904, dalla Tipografia sociale
                                                                                                                
Approvvigionamenti arceviesi per le truppe napoletane del re Gioacchino Murat nel 1814-1815                                                                                      

Documenti arceviesi preunitari (in Bibl. Bologna)                                 

Indice degli articoli e dei nomi dei primi sei volumi di “Studi Arceviesi”, Periodico del Centro Studi Arceviesi                                                     


La decorazione di una pietra, inserita nel basamento della chiesa San Medardo,  riprodotta sulla facciata del battistero  di Saint-Jean  a Poitiers, di epoca merovingia                            

SIMONE CANTARINI (Pesaro 1612- Verona 1648) "Madonna del rosario" opera tra le più belle della sua produzione, conservata in S. Medardo di Arcevia (Ancona)