martedì 7 maggio 2013

Monte Sant'Angelo di Arcevia (Ancona). L'on. Laura Boldrini, Presidente della Camera dei Deputati, commemora

Arcevia, vista da monte S. Angelo 

AD ARCEVIA (AN), DOMENICA 5 MAGGIO 2013, L'ON LAURA  BOLDRINI, PRESIDENTE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI, COMMEMORA IL 69° ANNIVERSARIO DELL’ECCIDIO NAZI FASCISTA  DI MONTE SANT’ANGELO (4 MAGGIO 1943) DOVE FURONO BARBARAMENTE UCCISI “70 TRA PARTIGIANI E CIVILI”.

 L’AREA DI MONTE SANT’ANGELO E’DIVENUTA LUOGO SIMBOLO  DELLA RESISTENZA DELLE MARCHE.

QUANDO LA CRISI SOCIALE PRODUCE DISOCCUPAZIONE  E QUEST’ULTIMA  DIVENTA DISPERAZIONE SI CREANO LE CONDIZIONI PER IL SOSTEGNO POPOLARE AD AVVENTURE AUTORITARIE DI VARIO SEGNO.

IL NEMICO PRINCIPALE DELLA LIBERTA’ E’ LA MANCANZA DI LAVORO.

DISCORSO MEMORABILE  DELLA BOLDRINI EQUILIBRATO, PACIFICATORE E DI CONDANNA DI OGNI RETICENZA SULLE STRAGI COMPIUTE IN ITALIA: PERCHE’ LA VERITA’ E’ ESSENZIALE ALLA DEMOCRAZIA.

HA MENZIONATO PER ARCEVIA , SIA PURE CON UN ACCENNO BREVE, ANCHE “ALTRI EPISODI TRAGICI COME QUELLI CHE SI CONSUMARONO NEL LUGLIO DEL 1944, TRAGICI DELLA BARBARIE CHE LA GUERRA PROVOCA” .
 
IL RIFERIMENTO E’ALLE 13 PERSONE, UOMINI E DONNE CIVILI, UCCISE IL 14 LUGLIO 1944 DAI PARTIGIANI, PER RAPPRESAGLIA, ALLA MADONNA DEI MONTI DI ARCEVIA.
 

 QUESTO DELLA MADONNA DEI MONTI E QUELLO DEL SANT’ANGELO SONO  CRUDELI ATTI DI BARBARIE CHE AVENDO SOLO VINTI VANNO RELEGATI IN UN ANGOLO DELLA MEMORIA  COME MONITO PER IL FUTURO, CONTRO ALTRE GUERRE FRATRICIDE, CONTRO OGNI GUERRA.

 
L'on. Boldrini in visita ad Arcevia
 


 

panorama dal monte S. Angelo
 


 

NOTIZIE SU MONTE  S. ANGELO  E SULLA CHIESA , DI RECENTE RESTAURATA, UNICO RESTO DELL'ANTICA ABBAZIA 

 

Il monte S. Angelo si eleva a 710 m. sul livello del mare fronteggiando Arcevia a Sud Est. 

Il più antico documento noto che lo menzioni è un atto di donazione del 1024 fatto da un certo Ottaviano di Giuseppe di legge longobarda, all’abbazia di Farfa. La donazione riguardava alcune terre poste nel ducato di Spoleto in territorio nocerino ed avevano per confine tra l’altro il monte chiamato S. Angelo ad Camillianum.

Il monte Camillianus è stato nei secoli scorsi oggetto di particolare interesse per l’ipotesi avanzata da alcuni storici locali circa l’esistenza nei suoi pressi del presunto abitato romano di Nuceria Camelliana diversa dalla Nocera Umbra detta favoniense. Il primo a parlarne fu Ludovico Jacobilli prendendo spunto da un passo di Plinio seniore  sugli abitanti di Nocera che venivano detti “favonienses et cameliani”. Questa tesi dello Jacobilli fu ripresa nel secolo seguente dall’Abbondanzieri che coinvolgendo anche il Lancellotti cercò di accreditare con prove documentarie l’esistenza di Nuceria Camelliana. Le iscrizioni lapidarie proposte dall’Abbondanzieri furono però ritenute già dal Bormann delle falsificazioni. Più recentemente dal Villani l’esistenza di questa Nocera viene giudicata un’ipotesi priva di fondamento.


Il richiamato documento del 1024 attesta dunque l’esistenza sul monte di un luogo di culto fondato prima del Mille e dedicato a S. Michele Arcangelo, protettore delle comunità longobarde. Non sappiamo quando fu fondato il cenobio benedettino, ma già nel 1153 papa Anastasio IV confermava il monastaro di S. Angelo de Monte con chiese e pertinenze all’abbazia di S. Lorenzo in Campo, a cui risultava soggetto .

La chiesa con la croce di monte S. Angelo
 

Il monastero era retto da un priore con 12 monaci e conversi, come viene ancora ricordato  in un documento del 3 giugno 1173.
  Il monastero  divenuto successivamente abbazia, passò ai camaldolesi che lo tennero sino agli inizi del Quattrocento quando, abbandonato dai monaci, fu affidato con la chiesa e tutti i suoi beni ad abati commendatari, l’ultimo dei quali fu l’arceviese  Francesco Tarughi.


Dopo il 1500  presso il monastero, abbandonato da tempo e diruto, si rifugiò qualche eremita e alla chiesa di S. Angelo venne aggiunto il nome Romitella, in vari documenti fino al 1564. Nel Settecento del monastero già non c’era più traccia. 

Durante il dominio napoleonico i beni dell’abbazia furono incamerati ed in parte venduti e la stessa chiesa di S. Angelo abbandonata. Nel 1904 per iniziativa di un comitato di arceviesi tra cui Anselmo Anselmi, mons. Luigi  Bonetti vescovo di Montalto e don Luigi Biaschelli, fu innalzata sulla cima del monte  la grande croce di ferro, tuttora esistente, e si procedette al restauro della chiesa. Nel 2007 la chiesa, ridotta in pessime condizioni, fu nuovamente restaurata. Nel 2011 è stato eretto, nei suoi pressi, un monumento ai caduti della polizia di stato, opera di Bruno d'Arcevia.

monumento ai caduti delle forze di polizia (Bruno d'Arcevia)

 
 
 Tra le antiche costumanze arceviesi ricordate dal Crocioni c’è quella che in occasione della festa dell’Ascensione quando numerosi salgono in cima al monte gli abitanti dei paesi vicini per svago e divertimento, i giovani, specie gli innamorati, vanno ripetendo in tono semischerzoso due distici tradizionali:

 

(i giovani) “Sant’Angelo da le lale longhe, (ali lunghe)

                   no mme ce fa nì più senza la mòje”;

(le giovani) “Sant’Angelo mia romito,

                   no mme ce fa nì più senza marito”.

 

Questi distici richiamano antiche usanze, forse antiche preghiere.

Una leggenda vuole ancora che dal monte entro un enorme masso rotolato a valle, nel luogo chiamato il Sasso del Diavolo, tessa  in eterno, sul suo telaio d’oro, una giovane che il diavolo avrebbe rapita proprio nel giorno dell’Ascensione quando la gente qui faceva festa. E dalla macchia grande di Pascelupo, tra sassi e spine, si può cogliere, durante il giorno, il lavorio del telaio e di notte il lamento della giovane.

 

Sul monte S. Angelo doveva esistere attorno al 1246 un castello di cui si ignora la precisa ubicazione e le sue vicende storiche. In quell’anno un suo castellano è testimone nella causa tra d. Federico di Cavalalbo ed il comune di R.C.. Questo castello è forse identificabile con quel Castel del Monte ricordato dall’Anselmi e dal Villani, sito nei pressi di un sentiero che dal monte Faeto conduce al S. Angelo ed il cui toponimo è riportato nel catasto del 1818. 

 

Estratto da "Arcevia. Nuovo Itinerario nella Storia e nell'Arte" di Paolo Santini (2005)




 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


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